TU LAGAZZO POLCO, IO SENTILE TE!

Avevo dimenticato il dentista. Mi attende al varco da prima della Tunisia. Non roviniamo le vacanze, ha detto. Poi c’era da andare a Roma. Non roviniamo il viaggio di lavoro, ha detto. Rovinare? Ma se è solo una scheggiatura in un dente devitalizzato, monconizzato, incapsulato…? Basta ripararla, no? Evidentemente no. Ignaro di cosa mi aspettasse, mi presento a cuor leggero da Henry. Ma il lavoro sui denti finti non è degno di lui. Il lavoro è assegnato a Elio, lo zio odontotecnico vicino alla pensione. Elio è un soggetto inquietante. Prima portava un imbarazzante parrucchino. Ora ha deciso di farne a meno, e sfoggia una lucente piazza attorniata da ciuffetti brizzolati che lo fanno somigliare ad una versione malata e perversa di Sor Pampurio. Elio ha un camice sempre macchiato di sangue, o di pasta dentina, o di alginato. Predilige gli strumenti dentistici più vecchi (non quelli usa e getta) perché li ritiene più performanti. Tocca a lui rendermi edotto sul fatto che non si ripara una scheggiatura. Si distrugge la capsula, si rimonconizza e si procede ad una nuova impronta. Quindi, il trapano è inevitabile. Oltre al consueto rumore penetrante e all’odore di bruciato polveroso causato dall’attrito del (finto) smalto con il trapano, mi tocca sperimentare l’alito stagionatissimo di Elio e i suoi tentativi di distrarmi con la storia della sua vita…
"Allora… sei andato in Tunisia, poi?"
Annuisco. Con gli occhi, per evitare che il trapano vada troppo sotto la gengiva.
"Ma comunque, guarda, meglio andare in vacanza dove parlano italiano, per me…"
Sciacquo e sputo. Gli faccio notare che in Tunisia parlano quasi tutti molto bene l’italiano. Questo scatena in lui reminiscenze datate 1966.
"Eh… lo so. Dio bono se lo so… Sti stranieri qua lo imparano subito l’italiano, mica come noi… Sai, da giovane io stavo a Portapalazzo. Avevo una soffitta, carina, pulita, in Piazza della Repubblica 1, proprio all’angolo con Via Milano. Sopra Bacchetta, hai presente? La pelletteria… E pensa: già nel ’66 da Bacchetta c’erano i lavoranti cinesi che facevano le borse per due lire… C’era una cinesina… A me piaceva, dio bono… me la sarei fatta, non so se mi spiego!"
Mentre parla, Elio prende uno strumento nuovo. Una leva da piazzare sotto la gengiva, con un manico sul quale può scorrere un peso di acciaio che, se spinto con una certa violenza contro l’impugnatura, causa una serie di traumi al colletto del dente finto da sotto in su (serve a scardinare completamente la vecchia capsula).
"Ma dio bono, non viene via sta roba!… Comunque, com’è come non è, le ho chiesto se voleva uscire con me. E lei sai cosa mi ha detto? Mi fa: ‘Io no venile con te, io conoscele te. Tu lagazzo polco! Io sentile te con lagazze in soffitta, plima tu palla e lide e poi TLUN, TLUN, TLUN!’… Har, har, har…! Capito? Mi conosceva di fama!"
La cosa che lo diverte di più è il ricordo del suono onomatopeico della testiera del letto che sbatte contro i muri della sua garçonniere nell’interpretazione esotica della ragazza cinese. Intanto la capsula è saltata, e lui, concentrato su una lampada ad olio fiammeggiante, sta scaldando della ceralacca che mi infilerà nella gengiva insieme ad una corona di rame rovente (per "prendere l’impronta come si faceva una volta").
"Allora, sai, io avevo 18 anni, non avevo nemmeno i soldi per comprarmi la macchina, però avevo affittato questa soffitta con due amici, capisci? Io abitavo con i miei, ma pagavamo 18.000 lire al mese per questo posto, per portarci le ragazze. Che poi ci rientravamo subito dei soldi, perché bastava subaffittarla per 5.000 lire al giorno ai ragazzi del quartiere che ci andavano a scopare e con quattro giorni al mese ci guadagnavi ancora… Che tempi, dio bono! Andavo a dormire alle tre, poi alle quattro arrivavano i terroni a vendere le angurie e urlavano… Allora io gli tiravo giù le secchiate d’acqua, dio bono… Erano bravi, ma rompevano i coglioni! Eh, già… Poi nel ’71 ho conosciuto mia moglie… e sai com’è, la garçonniere ho dovuto mollarla…"
Difficile pensare ad Elio come a un dongiovanni. Lo scruto mentre ho la bocca piena di alginato, e lo vedo con occhio diverso. Chissà quante ne avrebbe da raccontare, sui suoi cinque anni da scapolo sessuomane con il bernoccolo degli affari. Elio come alter ego di Tinto Brass. Posso essere orgoglioso del mio odontotecnico… non lo cambierei per nulla al mondo!

5 risposte a “TU LAGAZZO POLCO, IO SENTILE TE!”

  1. temo che non capirebbe… o forse sì, si esalterebbe all’idea. Per darti un quadro preciso del tipo, hai presente il grassone pelato di Paprika, quello con un evidentissimo ed enorme fallo finto? E’ lui!

  2. io non trascurerei l’idea insidiosa di girare un film su di lui…

    silvietta

  3. che spettacolo! veramente un uomo d’altri tempi!!

    baci

    silvietta

I commenti sono chiusi.