Come per il mese scorso, metto qui le recensioni dei film di ottobre: per intero quella del migliore, Una battaglia dopo l’altra di P. T. Anderson. Le altre compaiono con le prime righe, ma se clicchi le leggi su Letterboxd. Andiamo.
Che botta, cazzo. Se c’è una parola che odio è “ficcante”, però mio malgrado devo dire che si applica perfettamente a questo film, che sa di Tarantino anche se poi è profondamente e riconoscibilmente “andersoniano”, che parte col botto (letteralmente) e non ti molla più per quasi tre ore, dove non c’è un’inquadratura in cui non stia succedendo qualcosa, dove l’assalto sonoro (di Johnny Greenwood) si mescola all’assalto visivo di un montaggio frammentato, adrenalinico, che richiede tutta l’attenzione possibile – e infatti non è un film da vedere in condizioni di fusione mentale pregressa.
Fusione che è la caratteristica di Pat/Bob (Leonardo DiCaprio), un protagonista “fuori dal mondo del film” che si muove come un novello Lebowski in una rete di gruppi terroristi, parole d’ordine, luoghi sicuri che un tempo erano il suo pane quotidiano e oggi… molto meno, a causa della sua esagerata passione per alcool ed erba.
Comunque, il film presenta le azioni del gruppo terroristico French 75 di cui fanno parte Pat (poi Bob) e Perfidia Beverly Hills (Teyana Taylor), una forza della natura nata per la rivoluzione che tiene in scacco anche un legnoso colonnello interpretato da Sean Penn (la camminata più assurda mai vista in un film) che diventerà la sua nemesi.
Bob e Perfidia hanno una figlia, Charlene. Flash forward a 16 anni dopo, e ci dovremmo trovare negli odierni USA trumpiani, anche se il modo di narrare le cose sovrappone un filtro “anni ’70” a tutta la questione che lascia vagamente confusi (cosa probabilmente voluta). Charlene è una ragazza che fa karate con il sensei Benicio del Toro e ha un papà (Bob, precedentemente noto come Pat) fumato, alticcio e un po’ paranoico che la lascia andare malvolentieri al ballo della scuola.
Seguono molti, molti casini, molte esplosioni, molti inseguimenti, fino all’inseguimento finale in auto che – non sto scherzando – supera i migliori inseguimenti di auto della storia del cinema (parlo di Bullitt o di French Connection, non pizza e fichi) e che dura un’ora percepita di culo chiuso sul bordo della poltroncina del cinema.
One Battle After Another è puro cinema, pura America, e per me è un capolavoro (non lo dico mai, stavolta lo dico).
Un film giapponese assurdo su Prime Video che essenzialmente è la trasposizione di un anime che sta su Netflix che a sua volta è la versione animata di un manga BL (= Boy’s Love) di Hiromasa Okujima. Già sta roba fa un po’ girare la testa, se poi ci mettiamo che il film live action è girato esattamente con gli stessi manierismi e le stesse assurdità visive che è possibile trovare in un manga o in un anime, è chiaro che BBBV (non ho voglia di scriverlo per esteso) è una roba per pochi eletti, nel senso che è un po’ difficile da digerire.
I Know What You Did Last Summer
½
Posso solo dire che mi sono addormentato almeno 5 volte durante la visione di questo remake/reboot. Anzi, scusate, legacy sequel, dato che ci sono di mezzo anche Jennifer Love Hewitt e Freddie Prinze Jr. . Era proprio necessario? Già l’originale non era un film di molte idee. Qui siamo arrivati proprio a raschiare il fondo del barile.
Il nuovo Toxic Avenger (un caposaldo del trash targato Troma) per me è godibilissimo. Intendiamoci: non fa paura e non ti ammazzi dalle risate, un po’ come anche nell’originale anni ’80. E tutto sommato ha una confezione leggermente più elegante (il che da un lato non guasta ma dall’altro rovina un po’ l’effetto trash). Però ha un suo fascino cringe che me lo ha fatto apprezzare.
Le città di pianura
★★★★½
Ho visto Le città di pianura e, pur non essendo io il tipico spettatore da film italiano, qui ho trovato veramente qualcosa che mi ha rapito (e capisco il passaparola che gli sta garantendo un discreto e inatteso successo).
Caught Stealing
★★★½
Ero pronto a sbadigliare: Aronofsky che gira una crime-comedy? E invece no — Caught Stealing mi ha sorpreso. Hank Thompson (Austin Butler) è un ex fenomeno del baseball ridotto a fare il barista a New York nel ’98: la vita gli ha tolto lo swing, gli ha dato un appartamento scassato e la fidanzata Yvonne (Zoë Kravitz) che prova a tenerlo a galla. Il giorno in cui accetta di badare al gatto di un vicino punk in trasferta (Matt Smith, incredibile) è l’inizio di una spirale di violenza: Hank finisce invischiato in una trama di gangster russi, killer ebrei ortodossi, poliziotti corrotti, tutti alla ricerca di una misteriosa “chiave”.
The Roses
★★★
Che Jay Roach e Tony McNamara (lo sceneggiatore di La favorita e Poor Things) affrontassero un reboot de La guerra dei Roses sembrava una follia. E invece I Roses funziona: è un gioco al massacro elegante, più velenoso che fisico, con Olivia Colman e Benedict Cumberbatch perfettamente sintonizzati su un registro di crudeltà domestica sottile e spietata.

