PUBBLIMANIA

Quando studiavo, ogni spot pubblicitario era buono per fermarsi a riflettere sui massimi sistemi della semiotica, della retorica visuale, di rapporto tra headline e visual, di efficacia dei payoff e quant’altro. Sono bastati pochi anni per diventare come tutti gli altri. Cioè, una persona che non appena vede uno spot pubblicitario in televisione, si affretta a cambiare canale. Senza contare che quello degli spot (collegato ai palinsesti omogeneizzati e appiattiti sull’idiozia) è uno dei motivi per cui uso il televisore soltanto come un monitor per guardare robe oscure archiviate sul mio hard disk.

Eppure, in queste settimane di afa, in cui l’unico movimento che riesci a fare è quello del pollicione sul telecomando, mi capita di nuovo di vedere alcuni spot.
E mi faccio delle domande.
Non vorrei sembrare “vecchio”, ma sbaglio o il livello dell’advertising italiano odierno è sceso ai minimi storici?

L’omologazione è diventata evidente anche in un settore dove essere fighi e distinguersi dalla massa era un must. Le pubblicità di automobili: tutte uguali, tutte con tipi pseudoalternativi e/o piacioni che guidano su bellissime strade deserte. Le pubblicità di telefonini: l’apoteosi della figa per proprietà transitiva (è noto che una tipa semisvestita aumenta le vendite perché il consumatore associa le proprietà piacevoli della figa al prodotto stesso, sia esso un cellulare, un veicolo industriale o un adesivo al silicone). Per non parlare di quelle pubblicità seriali tristissime che ancora si ispirano al format di Carosello e hanno il solo risultato di far rotolare i testicoli a qualche chilometro di distanza…

Gli spot che maggiormente mi inquietano sono quelli relativi ai “pruriti intimi”, che dominano i palinsesti nell’ultimo periodo (o forse sono io che accendo il televisore in ore tipicamente dedicate ad un target femminile). Robe terrificanti tipo “avevo paura a salire in ascensore per via del mio problema di odore“. Manco i condomini o i colleghi di lavoro fossero cani in fregola che vanno ad annusarti proprio lì!

C’è però un genere di pubblicità che apprezzo molto, e che guardo sempre con grande piacere. Sono gli spot che pubblicizzano prodotti per l’igiene del WC. In questi spot ci sono sempre (o quasi) i germi e i batteri che abitano nell’oscurità degli anfratti del cesso. Vengono dipinti come cattivi da film di James Bond, sempre pronti a conquistare il mondo dei sanitari, e vengono invariabilmente sconfitti da questi gel viscosi e antisettici (anche un po’ inquietanti, tipo Blob il fluido che uccide).
Ecco: i batteri, io, li adoro. Un po’ come le zanzare che decenni fa venivano sterminate dall’antipatico e fascistoide Raid.
Dev’essere la sindrome da Wile E. Coyote.

ANCORA VIVO

Veloce veloce.
Solo per dirvi che ho cambiato casa. Ci ho messo un po’ perché di cose da traslocare ce n’erano, e bisognava rimontare tutto a puntino. Per fortuna che ho trovato una squadra di traslocatori molto valida. Me li ha consigliati Andrea Beggi, questi di Dreamhost. L’arredamento è lo stesso, quindi non dovreste essere per nulla disorientati. Mi piace pensare che il mio blog sia un po’ come il salotto di Nonna Speranza, dove trovate le consuete buone cose di pessimo gusto.

Durante la settimana di vacanza forzata, mi sono venuti in mente almeno cinque post interessantissimi, ma strada facendo li ho dimenticati tutti.
Mi sa che dovrete accontentarvi di quelli noiosi.
Comunque bentornati in queste pagine…  A presto.

DREAM JOB / JOB NIGHTMARE

Sognare è una delle mie attività preferite. Sono pigro, la vita attiva non mi attira particolarmente, e ho raggiunto un’età per cui sono abbastanza conscio del fatto che non posso cambiare il mondo per renderlo più a misura mia. Purtroppo non ho tutto il tempo che vorrei per sognare ad occhi aperti, attività alla quale posso dedicare soltanto pochi minuti al giorno, quando lascio vagare lo sguardo tra le foglie degli alberi nelle pause pranzo estive (non funziona ugualmente bene con i rami secchi in inverno) o quando visualizzo universi paralleli nei momenti immediatamente precedenti il sonno.

Mi piace dormire a lungo, almeno nei fine settimana, il che è una garanzia di poter passare nel mondo dei sogni un discreto lasso di tempo. E, come dico sempre, meglio un sogno insignificante che un telegiornale ben organizzato. A volte però ci si mette di mezzo la digestione, o la pressione che gli elementi esterni applicano sulla mia mente, causandomi ansie che approfittano del sonno per risvegliarsi. Ed è così che stanotte, complice una devastante grigliata di carne e una settimana lavorativa che mi è sembrato raggiungesse l’apice di una follia organizzativa che negli ultimi due anni è cresciuta come un’onda anomala sempre pronta ad abbattersi su di me, ho sognato moltissimo.

Purtroppo si trattava essenzialmente di sogni legati al lavoro.
La cosa potrebbe anche essere normale, ma per chi – come me – vuole confinare il lavoro in una parentesi funzionale della più ampia manifestazione che chiamiamo “vita”, è decisamente inopportuna e deleteria.

Quando sogni di lavorare, una piccola parte del tuo subconscio vorrebbe farti mugolare “qualcuno mi svegli, sono intrappolato in ufficio”, ma non ci riesci. È come se la tua settimana lavorativa non finisse mai, sei già stanco di lunedì mattina (più stanco, diciamo) e rischi di passare per idiota dicendo al tuo capo con aria paranoica “mi hai inseguito per tutta la notte in un labirinto dalle geometrie non euclidee, adesso che vuoi da me?”. Inoltre, i miei sogni hanno la particolarità di svilupparsi in una struttura a episodi, per cui sembrano non finire mai (o meglio, solitamente si interrompono all’episodio 22 che poi è una sorta di season finale).

Prima di aprire gli occhi stamattina, sono stato, nell’ordine:

  • Nell’ufficio del mio dirigente dove i colleghi ciclostilavano volantini politici e lui portava i pantaloni del completo abbassati alle caviglie, sotto la scrivania, perché “faceva caldo
  • In un dormitorio tipo colonie estive con alcuni colleghi, in letti troppo grandi per noi, dove il dirigente passava, al buio, nel corridoio, dicendoci che se non dormivamo avrebbe licenziato qualcuno
  • In una commissione presieduta dal mio dirigente nella quale lentamente ma impercettibilmente da esaminatore diventavo esaminato
  • in un lungo corridoio luminoso al fondo del quale c’era la bollatrice (ma il corridoio diventava sempre più lungo e la bollatrice sempre più irraggiungibile)

Questo mi fa pensare che non esista un lavoro dei sogni, ma soltanto un lavoro nei sogni.
O piuttosto un lavoro da incubo.
E comunque forse è ora di smetterla di andare in ferie a fine estate.
Ho tutto il tempo di impazzire definitivamente tra il 21 giugno e il 24 agosto.