Le catene di S. Antonio sui blog sono un po’ più divertenti che non via mail. Come già detto più volte qui si cazzeggia volentieri, e poi possiamo sempre adottare la scusa che si tratta di un meme! 😀
Léaud, dunque, mi provoca e io rispondo con la top 5 delle mie piccole manie…
1) In pizzeria, devo sempre tagliare in otto fette perfettamente simmetriche la pizza, prima di assaggiarne anche solo un pezzo (facoltativo: mormorare "grazie, signore, per questa geometrica divisione")
2) Prima di dormire, devo assolutamente mordicchiare una parte morbida del corpo della mia signora moglie, a rischio di farmi riempire di mazzate (facoltativo: mormorare "grazie, signore, per tutta questa abbondanza")
3) Tutti i file sul mio PC devono essere catalogati, taggati e in ordine perché ho la fobia della perdita dei file (non che si cancellino, semplicemente che diventino introvabili)
4) Tamburellare con le dita su qualsiasi ringhiera, corrimano, battiscopa, infisso in legno o alluminio vicino ai quali mi trovi a passare. Opzionale: tamburellare usando le chiavi di casa invece delle dita (fa più casino).
5) Quando capito davanti a uno specchio devo prendere una pinzetta e strapparmi le sopracciglia subito sopra il naso. Questo perché ho il timore inconscio di diventare monociglio come Elio.
Ora girerò la palla a Svaroschi, Axell e BMV (non a suo marito che ultimamente lo vedo serioso e temo mi cazzierebbe)… 🙂
SPOLVERIAMO IL BLOGROLL: LA STORIA DEI BLOG
Dato che ho un po’ spolverato lo scaffale del blogroll, mi rimetto in una breve finestra di tempo libero a spulciare il blog di Luisa Carrada, nei preferiti dal 2003. Il suo post di domenica mi ha riportato alla mente un pensiero che di solito tento di scacciare. Cosa potrebbe pensare di me un potenziale datore di lavoro leggendo le totali minchiate che scrivo? Male, penserebbe… Almeno credo. Però va anche detto che per Luisa il blog è uno strumento professionale, mentre per me è… fondamentalmente un luogo dove cazzeggiare, eventualmente filosofeggiare, trasfigurare i casi miei filtrandoli attraverso il velo degli archetipi junghiani. Resta il fatto che (fortunatamente) la mamma non legge il mio blog, la moglie lo legge solo per assicurarsi di non essere (troppo) sputtanata, i boss si limitano a buttarmi lì ogni tanto "Ma sai che ti ho googlato per caso (per caso!) e ho trovato diverse pagine di risultati?". A parte il mio odio per il termine "googlato", in questi casi sorrido seraficamente e rispondo "Ah sì?" sperando che non mi chiedano conto di qualche frase estrapolata all’improvviso dal mio blog… Un’altra lettura buona e giusta è quella di un recente post di Andrea che mi rifà in pillole la storia dei blog, dividendo addirittura quattro periodi storici. La mia reazione? Paura. Paura perché non ci pensi che ormai tempo quattro o cinque anni, in certi ambiti, e sei già passato dall’Illuminismo al Romanticismo. Anche un po’ di perplessità, perché pur considerandomi una persona normale, nel senso di "nella norma, nella media", non mi pare di rientrare nelle categorie che Andrea storicizza (pur riconoscendole come reali ed effettivamente esistite/esistenti). Blogger "per provare", blogger giornalisti, poi scrittori, poi blogstar, poi gran sacerdoti del web 2.0… Tutto vero. Forse io sono rimasto alla fase 1, pur facendo anche il giornalista, pur avendo una volta ogni morte di papa le mie aspirazioni da scrittore, pur essendo non una blogstar ma una star e basta, pur tentando di interagire con i blogmaghi della tecnica. E forse alla fine mi va bene così. No? 😛
Tag: blog, luisa carrada, axell, paura
PICCOLI NOIR DI QUARTIERE
Prima sento i colpi. Tonfi che riecheggiano giù in strada, come se stessero prendendo a martellate i cassonetti della spazzatura. Poi le voci. Urlano parecchio. Distinguo solo qualcosa come "Devi morire, bastardo figlio di puttanaaahhh!". Decido che può valere la pena affacciarsi. I soliti tossici. Sono in tre. Uno a terra, ranicchiato su sé stesso e gli altri due che lo prendono a calci nelle costole, nel culo, ovunque. Poco più in là una Golf rossa, ferma in mezzo alla strada. Dall’altro lato del cavalcavia due ragazzi pietrificati osservano la scena. Qualche luce è ancora accesa nei palazzi di fronte, nonostante siano le tre. E non sono il solo ad essermi affacciato. Sorseggio piano il rum. Attendo silenziosamente il momento in cui tireranno fuori i coltelli. Valuto la distanza tra me e il telefono. Ma le lame non escono. I due dal calcio facile schizzano nella Golf, dove un terzo tossico li attendeva tranquillo. Una sgommata e via. Quello a terra si mette carponi dopo qualche secondo. Barcolla fino ai cassonetti, vomita e si avvia lentamente in direzione opposta a quella della Golf. Le luci si spengono. Il rum è finito. E’ bello vivere in città.