CRONACA DI UN FALLIMENTO ANNUNCIATO

E’ il sito del momento: chi non ha voglia di incazzarsi per il governo incespicante può spendere qualche santa parola sullo scintillante sito Italia.it… Pure troppo scintillante! Cominciamo dal logo sul quale si sprecano le discussioni già da qualche giorno. Da designer non si può che dire che è un logo raffazzonato. Ci sono almeno quattro font diversi (rappresentano forse il caos della nazione?) e soprattutto c’è il famigerato peperone verde con cui quasi tutti i commentatori sono fin troppo gentili… A rischio di sembrare un maniaco, vorrei farvi notare che quel peperone verde in realtà è un pene ammosciato, il che rappresenta l’Italia mille volte meglio di qualsiasi altra immagine. Il post analitico e molto azzeccato di Estragon ci accompagna poi in tutte le più oscene fasi della navigazione sul sito. Basti dire che  si comincia con un filmato praticamente non skippabile con logo fisso e aria di Rossini in sottofondo. Perché si sa, l’italiano appena può prorompe in un’aria d’opera (sembra di trovarsi proiettati nell’universo della Barzelletta del Fantasma Formaggino). Poi ci sono filmati flash pietosi e un’interfaccia che vuole a tutti i costi scopiazzare quelle tondeggianti e traslucide tipiche del web 2.0 ma che non è accessibile (bella storia)! Tutto sommato niente di nuovo sotto il sole. Migliaia di euro alla Landor (americani, of course) per disegnare il logo del secolo, direi quasi alla pari con la mascotte di Italia ’90 (e pensare che la nostra è la patria di Bruno Munari ed Ettore Sottsass) e milionate di euro a non so chi (sempre a loro?) per realizzare un portale approssimativo. Proporrei di spammare un po’ la casella di mail della Landor così, tanto per dare un po’ di feedback, usando il subject "Your logo sucks". Siamo un paese incredibile… 🙂

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(S)CONCERTO E (S)CONFERENZA SUPERCAMP!

Chi non c’era allo (s)concerto + (s)conferenza di Ernesto Tomasini ieri sera al Miaao si è perso un piccolo grande evento nel panorama teatrale e musicale italiano. Ernesto è uno dei performer più quotati e amati in Europa, e nonostante sia palermitano di origine non si esibiva in Italia da 14 anni. Ammetto che sono di parte perché lo conosco "virtualmente" da diversi anni e finalmente ieri sera ci siamo visti di persona… Del resto uno i cui numi tutelari sono Walt Disney, Ken Russell e Julie Andrews non può che essere, culturalmente, un’anima a me molto affine! Ma voglio provare a descrivere l’evento per chi non c’era. Tutto si svolge nell’Oratorio della chiesa di San Filippo, già di per sé un luogo suggestivo. In scena un pianoforte a coda, una parrucca bianca e qualche tulipano bianco. Poi arriva il maestro Othon Matagaras. Come descrivere i primi venti minuti di performance di questo giovanissimo compositore greco? Non so, direi Stockhausen + Steve Reich + tradizione preromantica + un pizzico di anni ’80. Othon pesta sui tasti creando dissonanze paurose, ha il volto tempestato di piercing e a una larga fetta di pubblico, immagino, fa anche un po’ paura. La tensione sale, anche perché mentre suona bisbiglia al microfono formule vagamente demoniache e ogni tanto fa dei gesti inconsulti in direzione del pianoforte. Poi entra l’artiste extraordinaire (non è una presa per il culo, Ernesto ce l’ha veramente scritto sul biglietto da visita). Vestito da Cenobita (insomma una via di mezzo tra il tunicone di Neo e quello dei Supplizianti di Hellraiser). Il concerto si fa veramente sconcerto, mentre Othon accompagna la voce di Ernesto che passa tutte le ottave possibili e immaginabili andando dal registro del basso a quello del soprano. Le composizioni per piano e voce sono tutte di Matagaras, e sono sempre più demoniache (nei testi si disquisiva di sangue e sperma ma Ernesto confidava che essendo in inglese pochi lo avrebbero capito). Poi, improvvisamente, il cambio di registro. Ernesto stacca la parte inferiore dell’abito, rimane in tunichetta corta e nera, calzamaglia da giovane attore shakespeariano e scarpe col tacco da istitutrice tedesca. E comincia la seconda parte della serata, la conferenza sul ruolo dei castrati nella storia della musica dal ‘500 al ‘900. Sempre accompagnato dal maestro Matagaras, l’ultimo dei castrati (come lui stesso ama definirsi) da’ dimostrazione di musica corale e solista, di come i castrati interpretassero Monteverdi, Gluck, Rossini, dei loro capricci e delle loro manie. In sintesi, per chi volesse approfondire, i castrati nascono nel ‘500 nel coro del Vaticano per rispondere all’esigenza di musiche sempre più elaborate e acute che i cantanti "normali" non avrebbero potuto interpretare (le donne non erano ammesse in Vaticano). Massimo splendore per quasi tre secoli, decadenza con l’avvento del realismo interpretativo, delle donne sul palco, etc. Il castrato, insomma, come artificio massimo, corpo "costruito" per l’arte. Insomma, brividi, risate (perché lui è veramente un misto di Julie Andrews, Paolo Poli, Ettore Petrolini e chissà chi altro – è evidentemente influenzato dall’avanspettacolo italiano del dopoguerra e dal cabaret tedesco dei primi anni del secolo scorso) e anche un po’ di commozione, perché le note alte (o "altre") risuonano nella testa e spingono la lacrima. Quindi bravo, chapeau, e speriamo di rivederlo presto in Italia!

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