GUERRE E LIBERAZIONI

GUERRE E LIBERAZIONIAllora, le cose stanno così.
Nel 1934 i nonni si sposavano e veniva loro assegnata la gestione del cinema comunale “Littorio” di Barge. Lui proiezionista, lei addetta al bar e alla cassa. Nell’ottobre del 1935, il nonno viene richiamato e spedito in Etiopia a combattere. Viene ferito a un ginocchio e – considerato spacciato – viene rispedito a casa. Rasato a zero e dimagrito di 15 kg, viene accolto da moglie e suocera, che al binario della stazione di Barge gli rivolge la fatidica domanda “Voes-tu dui oeuv al palèt?” (Vuoi due uova al tegamino?). Curato a suon di clisteri, il nonno riprende le forze, tanto che nel dicembre del 1937 nasce mia madre. Le cose procedono relativamente bene tra il cinema e la vita familiare, finché non spirano di nuovo venti di guerra.

A quel punto, prima dell’entrata in guerra ufficiale dell’Italia, il nonno riesce ad ottenere il trasferimento nel corpo dei Vigili del Fuoco. Il tempo della guerra passerà così, a scavare tra le macerie dei bombardamenti, a portare in salvo paesani e partigiani quando poteva, senza le interferenze dei tedeschi asserragliati nel loro quartier generale, l’albergo Cannon d’Oro di fianco al Comune.

Nel settembre del 1943 a Barge nasce la brigata Garibaldi, primo elemento propulsore della resistenza partigiana nel saluzzese e nel pinerolese. I nazifascisti scelgono proprio il “Littorio” come luogo di tortura ed esecuzione dei partigiani catturati. I nonni, mia madre piccola e mio zio nato da poco sentono i colpi delle fucilazioni sparati dietro il muro del loro appartamento durante il giorno, mentre nel cuore della notte accolgono segretamente i partigiani che scendono dalle montagne per un piatto di agnolotti di mia nonna e un bicchiere di vino.

Fu un 1944 d’orrore per Barge, tra rastrellamenti, incendi dolosi e case rase al suolo. I nonni si rifugiano a Cuneo per sfuggire ad un bombardamento annunciato, ma è inutile. Anche Cuneo viene bombardata a tappeto: resta famosa nella storia familiare l’immagine di mia nonna che lava i pannolini del figlio sotto le bombe con i partigiani che le urlano di ripararsi dalle schegge vaganti.

Il 25 aprile, finalmente, la liberazione. La gente in piazza che urla “Libertà” e mia madre che non riesce a vedere altro che le gambe della gente che la circonda. Poi arrivano gli americani, che nel ricordo di mia madre prevalentemente amoreggiavano sui carri con le ragazze del paese: lei gli ronzava intorno fino a farsi mollare dai soldati dieci lire per essere lasciati in pace.

Da lì in poi è il tempo dell’UNRRA e della ricostruzione.
Tutti questi sono ricordi raccontati da mia madre. Non ho avuto il nonno partigiano, come ho scritto oggi su Facebook, ma ho avuto il nonno proiezionista, vigile del fuoco e amico dei partigiani.
Per questo 25 aprile, e per i prossimi, posso considerarmi soddisfatto.