Sorpresa, non me lo aspettavo ma Smile 2 è più efficace di Smile! Parker Finn sa il fatto suo e prosegue in quello che promette di essere un franchise horror che spacca i culi come dicono i giovani statunitensi. Vi ricorderete che il fulcro di tutto è un’entità soprannaturale (un demone simbionte o qualcosa del genere, ma poi in fondo chissene) che contagia la mente del malcapitato protagonista, si nutre delle sue paure e lo spinge prima alla follia e poi al suicidio spettacolare caratterizzato dal diabolico SMILE mentre tipo ti tagli la gola ti cavi gli occhi o ti fracassi la faccia (tutte tipologie di suicidio molto comode e tutte molto ben rappresentate nel film).
Succede che da un film all’altro chi sta per morire dica “ce l’hai!” all’involontario testimone e paf, il demone sorridente passa nella tua mente. Stavolta tocca a Skye Riley (Naomi Scott), popstar di grandissimo successo con un torbido passato di droga e alcolismo alle spalle che deve assolutamente liberarsi dello SMILE della morte prima appunto di incorrere nella morte brutta.
In suo aiuto accorre Mr. Spiegone (uno che si manifesta dal nulla spiegando di essere il fratello di una delle precedenti vittime, spiega alla protagonista cosa le sta succedendo e in pratica ci fa il riassuntino di Smile 1). Manco a dirlo, la soluzione proposta è “prima ti faccio morire, poi ti rianimo perché tra le altre cose sono un infermiere specializzato del pronto soccorso” (già sentita, vero?)…
Non c’è molto di più da dire se non che Naomi Scott è molto brava a reggere tutto il film sulle sue spalle e sulle sue paranoie continue, continua ad esserci un notevole sound design, i jumpscare non sono (quasi) mai banali e se fino all’ultimo si può sperare in un lieto fine… vabbè, no, tanto lo sapete che gli horror devono finire male, no? Se no che horror è? Ecco, stavolta finisce peggio del solito. O meglio, finisce benissimo per Parker Finn che in un colpo solo si è garantito 10.000 potenziali sequel della sua creatura.