20 ALBUM CHE NON POSSO PIÙ ASCOLTARE

20 ALBUM CHE NON POSSO PIU ASCOLTAREAscoltando una radio giorni fa, mi sono improvvisamente ricordato perché le mie orecchie non sopportano altro che non sia l’ascolto di selezionatissimi album. Sono eclettico nei generi, ascolto di tutto, sono pronto alla novità e/o alla riscoperta di perle dal passato precedentemente ignorate. Ma oggi ci sono cose che non posso più ascoltare. Intendiamoci, questa lista presenta 20 album che io ho consumato a forza di ascoltare (a 15, 20, al massimo a 25 anni). Ma a 45 anni qualcosa mi sento di rinnegare. E non si tratta di un giudizio tipo “gli album più sopravvalutati”: ne ho viste di liste così, e immancabilmente tra gli album considerati sopravvalutati ce ne sono moltissimi che amo e da cui non mi separerei mai, sono come una coperta di Linus nelle mie cuffie. No, qui si tratta semplicemente di indigestioni uditive, e di album che stanno lì, tra i miei vinili o CD (allora non c’erano ancora gli Mp3) e che potrei toccare giusto con la punta di un bastoncino, come un animale morto in autostrada. Preparatevi alla cavalcata, vado in ordine alfabetico.

LAURIE ANDERSON – BIG SCIENCE
Perdono perdono perdono, cara signora Lou Reed. Quando ascoltavo questo album non sapevo nemmeno che avesse sposato Lou Reed. Ma è ininfluente e anche un po’ sessista sottolineare questo aspetto. In questo album c’è “O Superman“, famosa in Italia per essere la colonna sonora dello spot “Benvenuto nell’AIDS”, AKA “Un alone viola ti seppellirà”. A parte questo, lo ascoltavo e lo riascoltavo beandomi di un alt/art/electro/classic/qualcosa che oggi mi inquieta assai (meglio i Kraftwerk, allora). Poi dai, è arrivato “Language Is a Virus” e lei si è riscattata.

EDIE BRICKELL AND THE NEW BOHEMIANS – SHOOTING RUBBERBANDS AT THE STARS
Chi ha la mia età e non ha ascoltato parecchio – ma parecchio – questo album vi dice una bugia. Tutto, tutto di questo album è oggi irritante, dalla cover al titolo stesso, dalla vocetta querula di Edie (ma ehi, lei è la moglie di Paul Simon – e scusate il secondo commento sessista). Si ricordano solitamente “What I Am” e “Circle“, che fa tanto Friends e anche un po’ Singles di Cameron Crowe (ve lo ricordate? È il suo film invecchiato peggio).

DEEP PURPLE – MACHINE HEAD
Io amo l’hard rock inglese. Giuro. E ascolto volentieri “In Rock” o persino “Burn” dei Deep Purple. Ma non chiedetemi più di ascoltare “Machine Head”. Troppa autoradio, troppe feste delle medie, troppo air guitar, troppo imbarazzo.

DOORS – L.A. WOMAN
Non ce la faccio. Rimango dell’idea che i Doors siano uno dei gruppi più sopravvalutati di ogni tempo, pur amando ad esempio “Strange Days”. Per dire, a loro preferisco di gran lunga i Love. Ma questo disco non ce la faccio. Mi irrita fin dalla copertina e contiene qualcosa che le mie orecchie aborrono fin da tempi non sospetti. A voi indovinare cosa. Edit: il pezzo incriminato sta in “Morrison Hotel” a dire il vero, ma non importa. Anche quell’album mi fa abbastanza orrore.

EURYTHMICS – BE YOURSELF TONIGHT
Altarino: alle medie, per me, gli Eurythmics erano quanto di più figo il pop inglese potesse elargirci. Ancora oggi ascolto con piacere “Sweet Dreams“, “Touch“, persino “1984” (sottovalutatissimo) e “In the Garden” (esordio ipnotico). Ma nel 1985 si sono reinventati star della Motown e allora proprio no. Gran pezzi, lo ammetto, ma ormai per me inascoltabili.

GENESIS – TRICK OF TAIL
Io amo il progressive inglese. Giuro. E ascolto volentieri “Foxtrot“, “Selling England by The Pound” e… Ma chi vogliamo incantare, qui si parla del primo album dei Genesis senza Peter Gabriel, per forza è una merda. Eppure io a quindici anni mi rivedo lì ad ascoltarlo a nastro deprimendomi con i compagni nerd e provando e riprovando a fare “Ripples” o “Entangled” (ché la voce di Collins, si sa, era più facile). Vado a riascoltarmi “Firth of Fifth“.

GUNS N’ ROSES – LIES
Intendiamoci, “Appetite for Destruction” era un grandissimo disco. Ma i Guns ci hanno messo giusto un album e mezzo per diventare degli scassacazzo a livelli planetari. Quell’estate che non si faceva altro che ascoltare “just a little patience nyaaaaaaa-haaaaaahh”. L’orrore.

JIMI HENDRIX EXPERIENCE – ELECTRIC LADYLAND
Sì, lo so che questo è il compendio hendrixiano per eccellenza. Ma è indigesto – o almeno ne ho fatto indigestione a tal punto da non poterlo più ascoltare. Peraltro ho il sospetto di non aver mai capito Hendrix come uomo e artista (sarà colpa di Verdone?): potrebbe rendersi necessario un recupero. Il doppio album, comunque, come oggetto ha un suo perché. La sua cover art è una delle migliori di tutti i tempi… Edit: salvo “Crosstown Traffic” che mi fa muovere il piedino ora come allora.

LITFIBA – 17 RE
Da un lato vi potrei dire che “17 Re” è l’apice della carriera artistica dei Litfiba. Dall’altro che ho ascoltato Pelù gnaulare per talmente tanti anni tra il finire degli ’80 e l’inizio dei ’90 che appena sento “Apapaia” cambio canale. Mi spiace, forse sono io che ho esagerato.

MARILLION – MISPLACED CHILDHOOD
Sì, sono un tipo da Marillion, e allora? Il mio spleen adolescenziale passava (anche) dalla voce impastata di Fish. Qui vale il discorso Genesis (che loro neanche troppo velatamente imitavano): si provava e riprovava a coverizzarli per poi naufragare in birra e accordi stonati. Questo è uno degli album più “teatrali” dell’universo. La teatralità in sé non mi dispiace, ma quando è troppa stucca.

METALLICA – BLACK ALBUM
Vi prego, no. Basta. Aridatece “The Call of Ktulu“.

NICK CAVE AND THE BAD SEEDS – THE FIRSTBORN IS DEAD
Qui siamo sul filo del rasoio. Nick Cave è un personaggio che io amo alla follia, anche quando ha fatto le cose con Kylie Minogue, anche quando ha perso i capelli e ha cominciato ad assomigliare a un camionista psicotico. Questo è uno dei suoi album migliori, secondo me. Ciò non toglie che talmente è stato ascoltato (vinile consumato) che appena sento il tuono in lontananza e il giro di basso di “Tupelo” mi viene la schiuma alla bocca.

NIRVANA – NEVERMIND
C’è veramente bisogno che dica qualcosa? Tutte o quasi le canzoni qui contenute offrono un miglior servizio nell’album “Unplugged”. Come album-manifesto di una generazione ha sinceramente frantumato i coglioni, e comunque ho sempre preferito “In Utero“.

PINK FLOYD – THE FINAL CUT
Più o meno qualsiasi cosa abbiano fatto i Floyd dopo il 1972 oggi mi sta allegramente sulle palle. Però questa è l’apoteosi della patologia musicale di Roger Waters, che ai tempi di “The Wall” mi prendeva così tanto da essermi rasato le sopracciglia per assomigliare a Bob Geldof nel feralissimo film di Alan Parker (mia madre si incazzò moltissimo e io potevo dirle che imitavo un coglione? No, meglio passare per preadolescente con probbblemi). Anche “The Final Cut” l’ho ascoltato parecchio, ma vi dico solo “Seconda guerra mondiale + Thatcher + Falkland” e avete già capito tutto.

QUEEN – NEWS OF THE WORLD
In generale mi sta sullo stomaco tutto il cosiddetto arena rock, e pur apprezzando molte più cose dei Queen di quanto non si possa pensare conoscendomi, questo album (di cui salvo la copertina che fa molto Gigante di ferro) è la definizione di stucchevole nel mio vocabolario musicale. E per essere più stucchevole di “Bohemian Rhapsody” ce ne va.

RED HOT CHILI PEPPERS – CALIFORNICATION
“Dream of Californicatiooooooon”… Non vi dà già fastidio il solo pensare a quel ritornello? A me sì. E poi dai. È l’album della definitiva consacrazione a dinosauri del giovane e alternativo arena rock. Almeno l’album prima aveva dentro Dave Navarro, che cazzo.

SIMPLE MINDS – ONCE UPON A TIME
Le prime volte che si limonava, le prime volte che ci si struggeva per qualche figa di legno™ c’era sempre questo album che girava. Album la cui colpa maggiore era quella di non contenere “Don’t You (Forget About Me)“, inno della generazione John Hughes (la mia). Anche qui, diciamolo, fino all’anno prima i Simple Minds erano un ottima band. Poi se ci pensate dopo quest’album non sono più esistiti. Cioè, hanno fatto altri dieci dischi, forse, ma non sono più esistiti.

TYRANNOSAURUS REX – MY PEOPLE WERE FAIR…
Non vi voglio nemmeno tediare con il titolo completo dell’album (lo trovate su Wikipedia). Mi vergogno moltissimo di aver ascoltato questo album, che io posseggo in edizione double vinyl appaiato con il successivo e altrettanto inquietante “Prophet Seers and Sages are the Angels of their Ages”. Mi vergogno più di questo ascolto che non degli Amon Düül II.

U2 – THE JOSHUA TREE
Questo è un caso particolare, perché a me la svolta di “The Joshua Tree” mi stava sul cazzo già nel 1988 e ho odiato parecchio anche “Rattle and Hum”. Va detto che comunque era impossibile non ascoltarlo, al tempo. Fortunatamente poi è arrivato il trittico “Achtung Baby” / “Zooropa” / “Pop” che ha risollevato un po’ le sorti (se non altro si sono messi in discussione), dopodiché per me gli U2 sono diventati uguali a sé stessi forevah.

YES – CLOSE TO THE EDGE
Ho già detto che amo il progressive inglese? Sì, vero? Provate però anche voi ad ascoltare tutti i giorni almeno una volta questa magniloquente suite degli Yes, e capirete il perché dei Sex Pistols.