MR. AND MRS. BROWN ADVENTURES IN LONDON (DAY 1)

Tanto per diffondere il più possibile a chi me ne fa richiesta il racconto della nostra sfigatissima esperienza londinese… e per aprire la discussione ai vostri numerosi commenti
Mr. and Mrs. Brown’s Adventures in London – Day 1
Alle 14.00, Mr. Brown esce dall’ufficio con quell’aria a metà tra il trionfante e il colpevole: "Io vado a Londra, e voi no"… Alle 14.02, Mr Brown inforca il suo potente scooter per tornare a casa in tempo, prendere su le valige e partire. Alle 14.05, lo scooter ha un sussulto: Mr. Brown resta bloccato in piena accelerazione. Costretto a telefonare a Mrs. Brown, che nel frattempo è in piena isteria da bagaglio, si rende conto che il suo cellulare è praticamente scarico. Fa comunque in tempo ad avvertirla di attenderlo davanti all’officina. Dopo aver spinto lo scooter a mano per circa 3 Km, Mr. Brown si accascia, sudato e ansimante, ad attendere che l’officina apra. All’arrivo del meccanico, la diagnosi è secca: la cinghia di trasmissione è strappata. Mentre Mrs. Brown arriva con tutti i bagagli a carico, il meccanico esegue la riparazione lampo: 40 euro. Alle 16.00, in tempo per il check-in, Mr e Mrs Brown approdano alla sala Eurostar, per attendere il bus che li porterà all’aeroporto di Malpensa. Alle 17.00 il bus parte. Mr. Brown si addormenta immediatamente in una posizione che creerà non pochi problemi alla sua cervicale. Alle 19.00, giunti a Malpensa, Mr. e Mrs. Brown si mettono in coda per il controllo bagagli. Nonostante si sia tolto cintura, occhiali, orologio, Mr. Brown fa scattare l’allarme. La poliziotta invita Mr. Brown a togliersi le scarpe, rivelando così un paio di piedi sudatissimi coperti da calzini bucati (conseguenza dello sforzo di spinta dello scooter qualche ora prima). Alle 19.50, Mr. e Mrs. Brown scoprono che il volo per Londra è in ritardo di 40 minuti. Per la disperazione danno fondo alla scorta di panini con salame ungherese, mortadella e prosciutto alle erbe. L’aereo, infine, parte. La metropolitana è sufficientemente veloce. Mr. e Mrs. Brown giungono all’Eden Plaza Hotel, Queen’s Gate, Kensington (Londra, Gran Bretagna, Europa, Mondo, Universo). La stanza consiste in un letto, una finestra e 30 cm di spazio a sinistra del letto. Fortunatamente c’è il bagno. Sul copriletto, evidenti tracce di passati rapporti sessuali. Mr. e Mrs. Brown vanno a dormire.

UN ALTRA SALA CHE CHIUDE

Niente film, niente video questa volta. Poco più di una settimana fa ha chiuso il Fiamma, cinquantenne sala torinese. Un po’ poco per dispiacersi, è vero, ma presto chiuderanno anche il Lux e il Doria, sale ancora più storiche e frequentate da generazioni di cinefili sabaudi. Va bene, è difficile trovare parcheggio in centro. D’accordo, le poltrone non sono comodissime e non ci sono negozi aperti a portata di mano (come se si potesse/dovesse andare al cinema solo a condizione di fare shopping). Convengo che se dal 2001 al 2003 siamo passati da 66 a 95 schermi in città (diventando la città italiana con il più alto numero di sale cinematografiche) questo vuole anche dire che ci deve essere un ricambio naturale. Ma il ricambio vuol dire "più multisala meno cinema". Negli anni scorsi sono state diverse le sale a chiudere: ricordo il Greenwich Village, l’Etoile, il Charlie Chaplin, il Vittoria. Certo, è anche vero che la recente programmazione di queste sale si limitava spesso all’estetica vanziniana e a quella della Hollywood più becera. Ma il Lux e il Doria fanno parte della storia della città: sono stati a lungo sotto la gestione di Carlo Giacheri, imprenditore e promotore illuminato che ha segnato un’epoca nelle proiezioni torinesi. Il Lux, nato nel 1934 come Rex, fu fin da subito uno dei cinema più all’avanguardia d’Europa: partì con Angeli senza paradiso e da allora fu sempre il primo ad adottare le novità del calibro di ScreenVision o VistaVision (sapore di anni cinquanta)… il Doria, nato nel 1943, esordì con E’ arrivata la bufera, e da allora ha continuato con una programmazione non sempre d’autore ma comunque mai banale. Due sale tra le più amate dai torinesi. Una volta.

ANALISI TRANSAZIONALE IN CAMERA

Grande soddisfazione per me in questi ultimi due giorni. Mi spiego: dopo anni che non facevo più alcun corso di formazione (al massimo mi documentavo in solitario), ho partecipato ad un seminario organizzato dalla Camera. Al di là del fatto che ovviamente il seminario era orientato a districare le dinamiche relazionali aziendali, il tema generale era l’analisi transazionale e il modello GAB (genitore-adulto-bambino) degli stati dell’io. Potrà anche sembrare una scemenza, ma per una volta ho ritrovato il feeling vero dell’università. Di quella parte dell’università che ho sempre considerato valida, cioè… quella dei seminari e dei lavori di gruppo stimolanti, che ti spara un’ora di concetti densi ma subito dopo te li verifica con esercitazioni pratiche o valutazioni empiriche. Avrei sicuramente voluto che durasse di più, visto che lo studio delle relazioni e dei paradossi della comunicazione era la cosa che già ai vecchi tempi mi interessava di più, oltre alla storia del cinema. Quindi Watzlawick, Berne, Harris e chi più ne ha più ne metta. Applicato ai fenomeni di mobbing non è niente male. Bisognerebbe solo avere il tempo e la voglia di applicare le diverse strategie (transazioni incrociate correttive, empatia) in ogni momento della giornata…