I SUONI DELLA NOTTE

I suoni di ieri notte: una vaga pressione sugli infissi, dovuta al vento, al gelo e al profumo di neve. Il fruscio del tempo che cambia. La ventola del portatile in stand by di fianco al letto. Le fusa di Maya che impasta il piumone. I miei sospiri, perché non riesco a prendere sonno. Qualche pigolio lontano. Rumore di mobili spostati furtivamente al piano di sopra. L’ascensore che passa e va. Dove cazzo va alle tre di notte del mercoledì, mi chiedo. Il respiro regolare di Stefi, che diventa irregolare nel momento in cui mi avvicino per sfiorarla con un bacio. Il sommesso borbottio dell’umidificatore. L’assestamento del parquet. Un grido in lontananza. Un’ambulanza. Le voci nella testa. Le voci. Il respiro… 

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO

Alcuni mi hanno chiesto per cortesia di mettere un Feed RSS sul blog. Devo confessare che pur lavorando nel campo non sono così ferrato su RSS e XML. E poi non ho voglia, mi fa incazzare tutto quello che implica spreco di energie. Poi ho trovato questo simpatico programma, RSSify, che usa anche Il cielo su Torino… Fatemi sapere se va bene, se ci sono problemi… e buona digestione ai vostri feed readers!

TENIAMO D’OCCHIO IL SIGNOR VIRZI’

Se ti lasci prendere dall’andamento "a montagne russe" di Caterina va in città, l’ultimo film di Paolo Virzì, godi veramente un sacco. Secondo me Virzì è rimasto l’unico in Italia a saper fare un certo tipo di cinema. Intendo quello alla Monicelli, alla Risi (proprio per scomodare un paio di numi tutelari della commedia all’italiana). L’unico, decisamente. Già con Ovosodo mi era sembrato una voce diversa dalle solite commedie generazionali che andavano nei primi anni ’90. Virzì sa stare addosso agli attori, e soprattutto sa scoprire dei volti necessari alla sua narrazione (come Edoardo Gabriellini, in quel caso). Poi non dimentichiamo che Ovosodo è l’unico film in cui Nicoletta Braschi dimostra di saper recitare. Non ho ancora visto Mi piace lavorare – Mobbing, ma direi che al momento è così… Poi c’è stato My Name Is Tanino, anche quello visto recentemente, che mette in scena la storia surreale di un ragazzo siciliano in America, con il suo inglese improbabile e la sua aria da outsider sempre e comunque. Il confronto è prima con la famiglia wasp della ragazza di cui è innamorato, poi con la chiassosa famiglia italoamericana, ovviamente mafiosissima. A prestare il volto a Tanino c’è Corrado Fortuna, altro attore azzeccato. Virzì ha ripreso lo stesso schema in Caterina va in città, rendendo il tutto meno macchiettistico e, verso la parte finale del film, decisamente angosciante nella chiusura dell’orizzonte di Castellitto, bravissimo nel delineare l’animo nobile vittima di un sistema che lui stesso contribuisce a creare. Non sapessi per esperienza anche recente che le scuole medie e superiori oggi sono veramente così (la divisione tra parioline e zecche, cioè tra figlie di papà e figlie di papà sedicenti no global e frequentatrici di centri sociali), il mondo di Caterina (Alice Teghil) potrebbe sembrare un parto della fantasia di Virzì. Sotto la patina della commedia, Virzì graffia a sangue. L’amica pariolina e quella squatter si menano, ma i due padri, intellettuale di sinistra l’uno, ministro di Forza Italia l’altro, si abbracciano e spariscono insieme sotto lo sguardo disgustato di Castellitto. Per Virzì la "normalità" di provincia è sempre quella che vince, di fronte alle idee portate come un vestito. Il suo eroismo è quello della classe media che, disorientata e terrorizzata dal presente, sta diventando il capro espiatorio di tutto il sistema – e non sa se, e come, rovesciarlo.