MA COME HAI RIDOTTO QUESTO PAESE?

Ma come hai ridotto questo paese? (Dude, Where’s my Country) di Michael Moore è un ottimo antidoto contro l’atmosfera alienante delle feste e soprattutto contro il gas ammorbante dei media tradizionali. Come sempre, Moore impersonifica l’incubo degli Stupid White Men di tutto il pianeta. Leggere i suoi libri o vedere i suoi film è sempre un’esperienza rinfrescante: uno scrostamento della ruggine che abbiamo nel cervello… Oltretutto Moore è sempre chiaro, comprensibile (appunto) anche agli S.W.M. e molto divertente. In questo caso l’obiettivo è Bush, il presidente fittizio, eletto in modo fittizio, che spinge la sua (e la nostra) gente in guerra per ragioni fittizie. Bush, e i suoi rapporti di vecchia data sia con Saddam Hussein che con la famiglia bin Laden. Bush e i suoi rapporti con lo scandalo Enron, prontamente insabbiati dal provvidenziale attacco dell’11 settembre 2001. Bush e i media, che terrorizzano sistematicamente gli americani per non permettergli di alzare la testa (mi ricorda qualcosa… ma no, in Italia non è mica così!). Per approfondire le ricerche di Michael Moore, non c’è niente di meglio che sfogliare un po’ anche il suo sito – dove è possibile trovare anche una guida per gli insegnanti (pdf, 1.2 Mb) alla visione del film Bowling a Columbine. La guida (scaricabile) fornisce ottimi spunti di riflessione per gli adolescenti. Secondo me dovrebbe essere adottata non solo dagli insegnanti ma da tutti i genitori del mondo…

LA DIFFERENZA

Nell’agriturismo dove ho pranzato ieri, c’era un quadretto con una poesia. Bellissima. Di Guido Gozzano. Purtroppo questo non farà che rivelare ai più i miei colpevoli piaceri decadenti… Ebbene sì, mi piace Gozzano… Riporto qui la folgorante La differenza, parecchio in tema con il mio umore festivo.

Penso e ripenso: – che mai pensa l’oca
gracidante alla riva del canale?
Pare felice! Al vespero invernale
protende il collo, giubilando roca.
Salta starnazza si rituffa gioca:
né certo sogna d’essere mortale
né certo sogna il prossimo Natale
né l’armi corruscanti della cuoca.
– O papera, mia candida sorella,
tu insegni che la Morte non esiste:
solo si muore da che s’é pensato.
Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
Ché l’essere cucinato non è triste,
triste è il pensare d’esser cucinato.

RECUPERIAMO LA SANITA’ MENTALE

Finisco di lavorare alle 13 e so che mi devo preparare per una vigilia in famiglia. Le borse piene di regali, la temperatura polare, la nausea da festività, tutto come sempre. Almeno, penso, sono riuscito ad impormi di esaurire il discorso "regali" entro il 2 dicembre. Stefi no. Lei, quando si avvicina il Natale, viene colpita dall’ipnosi da vetrina. Il 24 pomeriggio sta ancora pensando a cosa potrebbe regalare ai parenti che costituiscono l’unico gruppo etnico con cui saremo destinati a convivere per almeno tre giorni. Un’altra peculiarità delle feste è il torpore. Quello che fa sì che entrambi ci si addormenti fino alle cinque di sera – ora in cui recuperare la cassata e le tipiche barchette con tonno, salmone e gamberetti diventa improponibile. Tutta Torino si sta avviando ai cenoni prenatalizi, e noi arriveremo, come sempre, clamorosamente in ritardo. Giungiamo a destinazione dai miei alle sette. La nonna ci aspetta già col mestolo in mano.
– Allora, raccontaci un po’ del tuo nuovo lavoro…
– Devo dire che non è male, anche se…
– Sono le sette e un quarto, vogliamo metterci a tavola?
– No, nonna, è ancora un po’ presto… magari mangiamo alle otto meno un quarto…
– Ecco, allora dicevo che tutto sommato è meglio di come mi aspettassi, e…
– Cominciamo a mangiare? Sono le sette e venti, si fa tardi!
– Ma no, dai, abbiamo detto alle otto meno un quarto…!
– Come volete voi (torna in cucina col mestolo).
– …e comunque a gennaio avranno finito di ristrutturare il parcheggio, perciò…
– (v.o.) …io ho messo la roba nei piatti, venite?
L’idea della nonna di una cena di vigilia prevede, come da tradizione, un pasto a base di pesce. Per la prima volta dopo 25 anni di assenza, quest’anno ritorna il capitone. Mentre mangiamo di gusto (il capitone, si sa, è appetitoso, ma pesantuccio – specie dopo la pasta al forno e qualche antipasto), la nonna si dilunga a raccontare quanto il capitone si agitasse anche dopo che la testa gli era stata mozzata, quanto sangue avesse imbrattato la cucina e quanto ad ogni fetta "segata" – la nonna non usa la mannaia, preferisce il coltello da pane – il temibile serpente acquatico sussultasse sul tagliere.
– Non ti piace il capitone, Stefania? Guarda che va mangiato con tutta la pelle! Avessi visto come si agitava…
– Ehm… ne ho già preso due volte, grazie!
Auguri, auguri, finalmente compio il trentatreesimo anno di età – la mamma e la nonna si perdono con occhi annebbiati a ricordare quanta cacca facevo quando ero piccolo e con quale facilità ingoiavo tutti i giocattoli di piccolo taglio, costringendo loro a frugare nel vasino per ritrovarli. Un argomento adatto al dessert, costituito ovviamente dalla crema al cioccolato della rinomata Torta 900. Mio padre non rinuncia nemmeno alla vigilia a trascinarmi nel suo studio, chiedendomi delucidazioni sulle offerte ADSL dei vari gestori e consigli su come installare non meglio precisati software.
– Papà, inserisci il CD e quando ti chiede "Installa o rimuovi" seleziona "Installa"!
– Ah, ecco… beh, puoi farlo tu, no?
– Sì, ma lo puoi fare anche tu!
La tattica di mio padre consiste sempre nel fare installare a me qualsiasi cosa, in modo da potermi incolpare se in seguito si dovesse verificare qualcosa di strano sul suo PC. Mentre mia madre termina di spiegare a Stefi le ragioni della sua stitichezza e mia nonna si regala un riposino pre-apertura dei regali ("Il gobbo di Notre-Dame? E che è sta cretinata? Ma dico io, non potrebbero fare una trasmissione seria come Ballarò, o Excalibur, con quel Socci che è tanto una brava persona"), i due uomini di famiglia rientrano dal ciberspazio e si apprestano alla cerimonia dello scambio natalizio. Niente male, quest’anno nessuno ha borbottato. Mio padre ha preso ad accompagnare le sue "buste di soldi" agli oggetti più assurdi presi dal catalogo D-Mail (non è che non abbia fantasia, tutt’altro: siamo noi che gli chiediamo solo soldi per evitare che ci regali una fontana nebulizzatrice per cristalloterapia).
Occorre tornare a casa in tempo, però, perché l’indomani mattina ci aspetta il Natale con la famiglia di Stefi. La mattina non è mai un buon momento. Stefi dimentica sempre qualcosa di fondamentale, ed io non riesco ad articolare suoni che non sembrino provenire da un film di Bombolo. Il nonno di Stefi (anche lui!) non ama mangiare troppo tardi (mezzogiorno è già tardi), perciò tentiamo di arrivare per quell’ora. Ma loro sono già lì dalle dieci del mattino, e nessun grissino riuscirebbe più a placare il nonno impaziente.
– Come vi sembrano, allora, questi agnolotti?
– Mmmmh… buoni!
– Decisamente saporiti!
– Duri però, eh? Non si riesce a masticarli! Ti ricordi, Francesca, quelli che hai fatto tu l’altra settimana erano molto meglio…
– Ma dai, nonno, che se fai uno sforzo li mastichi…
– Eh, sì, hai beccato la parte meno cotta, i miei sono morbidissimi!
Tra l’abbaiare di Gaia, Zoe e Jimmy, le imprecazioni del nonno verso la nonna, la zia e i cani, e diverse altre portate dopo, il pranzo si conclude anche in questo caso con l’apertura di altri regali. Nel frattempo, la mamma di Stefi sta già rimuginando tra sé sul comportamento indecoroso (nei suoi confronti) del padre, del marito e del figlio. Io veleggio tra un caffé, un cioccolatino e una pennichella, mentre Stefi se la prende in silenzio per l’effetto negativo che le feste sembrano avere su tutte le famiglie. Stefi si aspetta sempre che, come da copione, il Natale "renda tutti più buoni". Io sostengo che il Natale, proprio perché illude i puri di spirito, diventa un ideale riflettore puntato sui difetti e sulle meschinità che tutti abbiamo, e che nel resto dell’anno vengono mitigati dal chiaroscuro della vita quotidiana. I nonni, comunque sia, vanno via presto, dando alla mamma di Stefi la possibilità di sfogarsi e a me di bere il brodo di gallina (il mio piatto natalizio favorito).
– …e poi hai visto, se ne sono andati prima, sai perché? Perché dovevano andare a trovare quegli altri! Prima si fanno un bel pranzo qui da me, criticando quello che cucino, e poi…
– Senti… pensi che stasera che è Natale lo daranno Parenti serpenti in tv?
Dopo la mia folgorante battuta che crea quel tanto di gelo che basta, si fa l’ora di tornare – il giorno di santo Stefano è infatti dedicato al pranzo comunitario bifamiliare, occasione annuale di incontro tra i consuoceri nonché di festeggiamento per l’onomastico di Stefania e di suo padre. Ogni anno viene scelto un agriturismo noto per essere uno dei più irrintracciabili sulle strade della campagna piemontese. Quest’anno si va alla Mandria di Chivasso (importantissimo nodo ferroviario). Dopo aver litigato durante tutto il percorso in auto per la mia scarsa autonomia mattutina, per il dispiacere dei cattivi rapporti familiari, per la complicazione di scovare il ristorante in mezzo al nulla canavesano e per la mia ossessione di fare sesso anche durante le festività, io e Stefi giungiamo nell’azienda agricola per primi. Ci aggiriamo con circospezione tra le mucche Gioconda, Giacinta, Gigliola, Giovanna e Gertrude e i loro vitellini. A Stefi prende il patema del "vegetariano di ritorno".
– Hai visto che belle mucche? Che occhi… E che lingua blu!
– Già… ci pensi quanto ti piace quella lingua col bagnetto verde?
– No! Oddio, non la voglio più mangiare la lingua! Oddio, ma queste mucche sono qua per rifornire il ristorante di carne!
– Certo Stefi… ma non ti preoccupare, le macellano solo quando sono vecchie e stanche…
Arrivano anche i miei e i suoi. Mia nonna, misericordiosamente, ha deciso di non partecipare al pranzo finale perché si è stancata troppo nei giorni precedenti. Nulla contro gli anziani, per carità, ma a volte certe incombenze risultano meno pesanti senza di loro… Il fatto di mangiare per quattro ore filate accanto ad un caminetto che mi arroventa la metà sinistra del corpo mentre quella destra resta gelida mi procura qualche fastidio, e mentre la proprietaria dell’agriturismo disquisisce con "i grandi" sulle diverse varietà territoriali del dialetto piemontese, la testa mi cade e mi assopisco definitivamente. Mi risveglio a feste concluse, con la prospettiva di un week-end di recupero sanità mentale. Anche quest’anno il Natale è andato… come passa il tempo… sembra ieri che era il 2002!… Il freddo, però, è sempre quello, neh?