capitolo 4

Incontro con la stampa
Traduzione: Silvia Samory

Harry si protesse gli occhi dal sole accecante e guardò, da sopra la spalla di Hermione, il libro che stava leggendo. La prima settimana d’estate era trascorsa tranquillamente, e la pace era una cosa strana. Harry faceva del suo meglio per godersela, ma vivere serenamente era ancora difficile per lui. Era abituato all’azione – al caos, al pensare rapidamente e al pericolo. Adesso che non c’era molto altro da fare se non studiare e godersi il sole, aveva molto più tempo per indugiare sul passato. Senza l’incalzare della guerra a tenerlo occupato, Harry percepiva qualcosa di oscuro e sepolto affiorare dalla sua mente. E qualunque cosa fosse, era troppo doloroso da riconoscere.

Non era proprio sicuro di quello che si era aspettato dall’estate. Non aveva avuto tempo per pensarci o fantasticare, durante gli ultimi giorni della guerra, ed ora che era arrivata sapeva che avrebbe dovuto essere soddisfatto. Lo Chalet Lupin era comodo e confortevole, e i suoi amici avevano deciso di stare tutti assieme durante l’estate. Ed erano tutti vivi, pensò Harry, ancora stupito da questa cosa. Sapeva che, solo per questo, avrebbe dovuto essere per lo meno riconoscente.

Nonostante tutto, però, non poteva fare a meno di provare un fastidioso sentimento, che non era riferito a nulla di particolare. Per quattro anni Harry aveva desiderato di poter vivere con il suo padrino – entrambi lo avevano desiderato – ed ora Sirius si faceva vedere di rado. Il problema dei Dissennatori ad Azkaban lo teneva occupato fino a sera inoltrata, ed anche quando veniva a casa, Harry poteva leggere la fatica e lo stress sul viso del suo padrino. A confronto con i gravi problemi con cui Sirius aveva a che fare quotidianamente, Harry si sentiva uno stupido a raccontargli le sue giornate trascorse ad allenarsi sulla Firebolt. Inoltre non aveva veramente voglia di ascoltare come stava andando coi Dissennatori. Una parte di sé sapeva che avrebbe dovuto interessargli, ma quel sentimento rigido ed opprimente aveva il sopravvento, e allora si convinceva che non era interessato. Ma questo lasciava davvero poco spazio per la conversazione.

Tutto questo lo rendeva più che disposto a studiare per l’esame di Materializzazione. In fin dei conti era qualcosa di diverso su cui puntare l’attenzione, e anche se aveva già studiato più di quanto fosse necessario, aveva lo stesso accettato quando Hermione, quella mattina, gli aveva chiesto se voleva farle compagnia mentre ripassava il manuale in giardino. Era già pomeriggio inoltrato, e lui e Ron erano stati seduti nel giardino anteriore dello Chalet Lupin per più di due ore, ascoltando Hermione che leggeva a voce alta pagine di Sarò subito lì: Teoria e Pratica della Materializzazione.
Il calore soporifero della giornata ricordava vagamente ad Harry le loro lezioni di Divinazione, e l’immagine di Ron, che sembrava sul punto di addormentarsi da un momento all’altro, rendeva questa fantasia ancora più reale. Il corpo di Ron era disteso per tutta la lunghezza della coperta e la sua testa ciondolava gentilmente da una parte.

“E così,” Hermione ricapitolò ad alta voce, “secondo il manuale, quando si tratta di raggiungere una certa distanza, la concentrazione è il fattore più importante ed è cruciale sapere dove si deve esattamente arrivare.” Diede al suo libro un diligente colpetto con la sua bacchetta. “Suona semplice, ma questo non significa che lo sia davvero. L’esame si terrà al Dipartimento per le Licenze di Materializzazione e comincerà con lo scritto. Se lo passiamo, ci verrà richiesto di Materializzarci in qualche punto dell’Inghilterra. In seguito, una volta che avremo provato di essere in grado di farlo, ci faranno attraversare anche il mare. E non ci daranno nessun indizio in anticipo su dove dovremo andare, così esamineranno anche le nostre conoscenze geografiche.”

Invece di sembrare atterrita all’idea di un doppio esame, Hermione sorrise ad Harry. “Può essere divertente.” Disse. “Potremmo andare il qualunque posto – anche se sarà solo per pochi minuti. Potrebbe essere qualunque città che abbia un D.L.M.: in America, Australia, Austria, Belgio…”

“Hai intenzione di elencarci tutti gli stati in ordine alfabetico?” La interruppe Ron, senza aprire gli occhi. “Spero che sia così, perchè preferirei studiare per altre due ore, piuttosto che fare… uhm, diciamo qualunque altra cosa.”

Hermione smise di elencare stati, ma lanciò un’occhiataccia a Ron. “Pensavo che tu stessi dormendo.”

“E’ difficile dormire quando tu sei così seducente. Diglielo Harry!”

Ma Harry non aveva voglia di dire nulla. Osservò Hermione lanciare un’occhiataccia verso Ron, osservò Ron ruotare sulla pancia e appoggiare con indifferenza la testa sulle braccia, e si sentì solo dispiaciuto di non essere capace di ridere di loro. Avrebbe dovuto essere divertente. Ma nulla gli era sembrato tanto divertente quella settimana, ed Harry cominciava ad essere arrabbiato con se stesso per la sua indifferenza. Questi erano i suoi amici. Questa doveva essere una bella estate, e tutte le preoccupazioni dovevano teoricamente essere finite. Harry sapeva che la recente sconfitta di Voldemort avrebbe dovuto farlo sentire trionfante. Euforico. E invece gli aveva lasciato una sensazione di incertezza, di vago istupidimento, ed Harry non aveva idea di come scrollarsi di dosso questa indolenza.

Non doveva pensarci. Non voleva pensarci. Prese il libro che aveva appena letto Hermione, lo aprì a caso e cominciò a sfogliare le pagine senza prestare veramente attenzione.

Hermione si voltò verso di lui con premura. “Hai bisogno che ti chiarisca qualcosa, Harry? Posso darti una mano su un argomento specifico?”

Ron ridacchiò ad alta voce, e lo sguardo di Hermione si inasprì. Harry guardò uno e l’altra, domandandosi se fosse solo una sua immaginazione, o se il loro bisticcio odierno fosse leggermente più acceso del solito. Ron ed Hermione non avevano mai smesso di punzecchiarsi a vicenda, ma negli ultimi due anni o giù di lì, le loro discussioni avevano preso un’ovvia piega affettuosa. Questa piega oggi sembrava mancare del tutto.

Hermione decise di non rispondere a Ron, e si limitò ad osservare Harry con aria d’attesa. “Domande?” disse vivacemente.

Harry fece spallucce e scosse la testa automaticamente. Ultimamente aveva evitato di rispondere a qualunque cosa, ogni volta che poteva.
Ma alla vista del leggero disappunto sul volto di Hermione, Harry sospirò, cercò nella pagina che aveva sotto gli occhi, e fece un tentativo di trovare qualcosa che lei potesse spiegargli.

“Non capisco come possiamo lasciare l’Inghilterra mentre siamo sotto esame,” disse un istante dopo. “Non possono lasciarci Materializzare in altri paesi senza farci prima passare per il confine. Pensavo che saremmo stati sbarrati.”

Hermione scosse la testa, con un’espressione allegramente pensosa. “Mmmh. Di solito siamo sbarrati, perché è impossibile Materializzarsi liberamente oltre i confini… e dopo l’esame sono certa che dovremo sempre fermarci alla dogana magica, se dovremo compiere viaggi internazionali, perché se attraversi un confine internazionale, beh… di solito ti Spacchi automaticamente perché non si può passare. Vai a sbattere contro lo scudo – e talvolta può essere letale. Ma credo che l’esame sarà una circostanza speciale. Probabilmente abbasseranno lo scudo in un’area definita. E così potremo apparire dovunque il D.L.M. deciderà di mandarci; lo staff dall’altra parte segnalerà che siamo arrivati incolumi e potremo tornare subito a casa.”
Ron si girò di nuovo sulla schiena, si parò gli occhi e guardò Hermione. “Sempre che tu non manchi il bersaglio e non ti Spacchi. Nel qual caso, una metà di te potrebbe finire in qualche posto molto interessante, piuttosto che arrivare tutto intero e annoiato a morte in un D.L.M.”

Harry rabbrividì un poco. Era abbastanza certo che, dopo tutto quello che loro tre avevano passato, potessero cavarsela con una semplice Materializzazione. “Nessuno di noi si Spaccherà,” disse recisamente.

“A meno che non cerchiamo di Materializzarci in un posto proibito, come Hogwarts.” Ghignò Ron, molto soddisfatto di sé. “Ha! Finalmente ne ho azzeccata una!”

“Beh, no,” rispose prontamente Hermione, “Hai sbagliato. Gli incantesimi di Hogwarts sono stati quasi tutti distrutti. Sono stati danneggiati alla cerimonia dei diplomi – tutta quella magia Oscura in un solo posto…” Fece una pausa, guardando Harry, e proseguì a voce più bassa. “Ad ogni modo, la professoressa McGranitt mi ha detto, poco prima che partissimo, che una delle ragioni per cui Hogwarts rimarrà chiusa per un anno è che ci vorrà un sacco di tempo per ripristinare tutte le magie di protezione. E così, se vuoi Materializzarti dentro Hogwarts, Ron,” proseguì altezzosamente, “è il tuo momento.”

“La nostra esperta locale di Materializzazione,” mormorò Ron. “Non vedo l’ora di vederti al D.L.M. – sai, là potresti lasciare un’altra domanda di impiego. Ti faranno una schifosa proposta di lavoro direttamente sul posto.”

Hermione abbassò il mento e lo squadrò. Harry notò che non era affatto divertita, e questa volta non stava fingendo, per provocare Ron a tutti i costi. La sua espressione era realmente offesa.

“Ieri avevi detto che non avevo bisogno di altre schifose offerte di lavoro,” disse con tranquillità. “Pensavo di doverla piantare con le lettere e i gufi e tutto il resto.”

Ron si mise a sedere, improvvisamente serio. Il sarcasmo era sparito dal suo viso. “Ehi. Ehi! Stavo scherzando!”

“Non mi sembrava.”

Ron si avvicinò ad Hermione, ma dopo una rapida occhiata ad Harry, ritirò la mano e si schiarì la gola. Harry guardò entrambi, consapevole che c’era qualcosa che gli sfuggiva. Tuttavia era abbastanza perspicace da tenersi il dubbio per sé. Durante la settimana che avevano trascorso a casa di Sirius e Remus, Hermione aveva ricevuto altri undici gufi, che le avevano fatto raggiungere un totale di ventisei risposte alle ventisette domande di lavoro che aveva scritto. Tutte le lettere erano colme di elogi entusiastici ed accoglienza favorevole, e la soddisfazione di Hermione sembrava non avere fine. Ron, d’altro canto, si era mostrato sempre meno entusiasta all’arrivo di ogni gufo, ed Harry immaginava che questo fosse dovuto alla paura che Hermione, prima o poi, sarebbe dovuta partire. La maggior parte degli impieghi che erano stati offerti ad Hermione le avrebbero richiesto di Materializzarsi in luoghi distanti, lavorare per molte ore, stare spesso lontana da casa o addirittura viaggiare fuori dal paese per lunghi periodi di tempo. A giudicare dallo sguardo con cui la stava guardando in quel momento, Harry era abbastanza sicuro che il suo amico non voleva che Hermione andasse da nessuna parte.

Harry distolse lo sguardo. La relazione fra Ron ed Hermione non lo metteva a disagio – ormai era passato sopra all’imbarazzo di sapere che i suoi due migliori amici stavano assieme – ma non aveva alcuna voglia di fare da testimone ai loro momenti privati. L’espressione sul volto di Ron era inequivocabilmente “privata”; era solo per Hermione, che ricambiava con un identico sguardo.

Per distrarsi Harry lasciò vagabondare lo sguardo lungo la strada, fissando la sua attenzione su una casa enorme – l’unica di quelle dimensioni che avesse visto a Stagsden. Sul suo enorme terrazzo al terzo piano, un uomo corpulento si stava preparando a prendere il sole, con l’aria di godersi la propria estate. I suoi capelli biondi brillavano, così come la pelle chiara, ricordando ad Harry come appariva Dudley in calzoncini. L’idea lo fece quasi sorridere – in parte per l’immagine in sé, in parte perché era davvero un enorme sollievo essersi liberati per sempre dei Dursley. Non avrebbe mai più dovuto vedere suo zio e sua zia, se non avesse voluto, e questa cosa era quasi incredibile. La magia protettiva attorno al numero quattro di Privet Drive non era più necessaria ad Harry, ora che Voldemort era sparito – ed anche se un’altra persona si sarebbe sentita ingrata ad abbandonare i propri guardiani senza nemmeno uno sguardo, Harry sapeva che i Dursley erano assolutamente felici di averlo visto partire.

Sentendosi in qualche modo sollevato, Harry distolse lo sguardo dall’uomo sul terrazzo e guardò di nuovo i suoi amici, meditando che non gli sarebbe dispiaciuto scendere al lago per prendere un po’ di sole. Aveva trascorso l’intera settimana sulla Firebolt e pensava che nuotare sarebbe stato un cambio di prospettiva divertente – del resto Ron ed Hermione erano sempre tornati dalle loro nuotate con un’aria molto allegra.

Harry sorrise scioccamente, con leggerezza e si appoggiò di nuovo ai gomiti, osservandoli. Adesso non stavano litigando. Hermione aveva appoggiato i suoi piedi nudi sulla pancia di Ron e lo interrogava sui quiz in appendice a Sarò subito lì, mentre lui giocava pigramente con le sue dita. Harry pensò che poteva semplicemente alzarsi e andare verso il lago, senza di loro, approfittando della distrazione. Non gli dispiaceva andare a nuotare da solo – non importava. Aveva finito di studiare. Puntò le mani sulla coperta per alzarsi.

“Come ve la passate voi tre?”

Un’ombra fresca scivolò sopra Harry, che guardò verso l’alto, sentì la faccia avvampargli e sperò di aver preso abbastanza sole perché non si notasse. Ginny era lì sopra, con un costumino azzurro e un paio di shorts, i sandali ai piedi e le mani sui fianchi. Portava il cappellino che lui le aveva prestato la settimana precedente, ed i capelli le risplendevano, legati in una coda che aveva fatto passare dall’apertura posteriore del cappello. Sul viso aveva un’espressione ironicamente orripilata.

“Non mi direte che state ancora studiando!” domandò osservandoli a turno. “E’ da ore che siete qui! Vi friggerete il cervello! Non c’è nessuno che abbia voglia di smetterla e di scendere al lago?”

Il suo costume da bagno non era strepitoso – Harry lo sapeva – ma non aveva importanza. Non aveva mai visto nulla che le donasse così tanto. Era estremamente difficile tenere gli occhi puntati sul suo viso.

“No, grazie,” borbottò rapido, annaspando maldestramente per trovare le parole. “Penso che abbiamo ancora… da ripassare, prima.”

Nel momento in cui le parole gli uscirono di bocca, gli venne voglia di seppellirsi. Lui voleva andare al lago! Non poteva farsi intimorire da un costume da bagno. Ma se mai c’era stato un pensiero che aveva tentato di penetrare la confusione nebbiosa nel suo cervello, durante le due settimane precedenti, era di certo che la presenza di Ginny Weasley lo metteva sulle spine, lo faceva sentire estremamente imbarazzato, e lo infastidiva enormemente.

Sapeva della sua cotta infantile. Non era mai stato un segreto; i suoi fratelli glielo avevano raccontato il primo giorno che era stato alla Tana e Ginny lo aveva dimostrato apparendo chiaramente molto presa da lui. Ma negli anni trascorsi ad Hogwarts, i sentimenti di Ginny per lui sembravano essersi ridimensionati in una semplice rapporto di amicizia. A causa del suo affiatamento con Hermione, aveva trascorso molto tempo con loro tre, durante gli ultimi anni di scuola. Aveva smesso di arrossire tutte le volte che Harry entrava nella sala comune, e aveva cominciato a chiacchierare con lui durante gli intervalli, e sembrava che la sua infatuazione per lui le fosse passata.

Gli aveva dato sollievo… ma allo stesso tempo anche disappunto. Non poteva negare che il suo stomaco sfarfallava allegramente, tutte le volte che vedeva Ginny sorridere. Ma non aveva mai provato ad avvicinare qualcuno nel modo in cui Ron stava vicino ad Hermione. Ricordava distintamente lo sguardo di Cho Chang quando Cedric Diggory era stato ucciso e, consciamente o inconsciamente, aveva deciso che non avrebbe mai fatto soffrire nessuno così. Quindi, nel momento in cui Ginny aveva smesso di offrirgli la sua attenzione, lui non aveva fatto niente per recuperarla. Aveva lasciato correre.

Expecto Sacrificum era arrivato come uno shock terribile. Quando Hermione gli aveva detto che cosa richiedeva quell’incantesimo, Harry le aveva riso in faccia. Il quarto elemento doveva essere il vero amore? Suonava come se fosse venuto fuori da uno dei libri di incantesimi di Lavanda Brown. Ricordava perfettamente la sua reazione.

Beh, non possiamo farlo. No? Non c’è nessuno per questo elemento!

Hermione aveva fatto una pausa e aveva rivolto uno sguardo a Ron. Chiaramente c’era qualcosa che loro due avevano già discusso, ed Harry ricordava la sensazione di irritazione che aveva provato. Qualunque cosa fosse, lo riguardava, e loro non gliene avevano ancora parlato. Aveva chiesto che gli dicessero che cosa stava accadendo, ed Hermione alla fine lo aveva accontentato.

Harry… c’è qualcuno per quell’elemento. Ma non voglio ancora domandarglielo, finchè non so come la pensi tu. Io… io sono abbastanza certa che mi dirà di si.

Era sobbalzato. C’era qualcuno? Aveva fissato l’espressione accuratamente pacata di Hermione, e poi il viso estremamente composto di Ron, e aveva sentito la gola che gli si stringeva mentre gli affiorava alla mente l’unica risposta possibile. Conosceva solo una persona che avesse mai provato un sentimento del genere per lui. Ma no – non poteva essere così… perché lei non provava ancora…

Harry aveva guardato Ron, sforzandosi di formulare la domanda in maniera molto vaga.

Chi?

La risposta di Ron era stata ugualmente vaga.

È mia sorella.

Harry si era paralizzato per un momento, e poi era sbottato in una risata secca ed incredula. Ginny era ancora cotta di lui. Anzi, ancora di più. Secondo Hermione era innamorata – ed Hermione sapeva che era vero, perché Ginny glielo aveva confessato. Harry aveva sentito come un lampo fortissimo esplodergli dentro le vene, seguito immediatamente da un colpo di terrore freddo, alla bocca dello stomaco. Doveva dire di no – non poteva permetterle di farlo. Era già abbastanza sbagliato che permettesse a Ron ed Hermione di fare una cosa del genere. Era sbagliato che Sirius e Remus dovessero rischiare. Come poteva permettere a Ginny di mettere a repentaglio la sua vita per lui – specialmente quando lui non sapeva esattamente cosa provava per lei? Si era sentito incredibilmente colpevole solo a formulare la domanda.

E io… dovrei… provare la stessa cosa? Altrimenti non funziona?

Ron aveva deglutito rumorosamente e si era girato da un’altra parte. Hermione aveva sospirato stancamente.

No Harry,” aveva detto con calma “Non devi provare niente.

Di nuovo, Harry non aveva risposto. Hermione aveva percepito la sua riluttanza ad invitare Ginny nell’incantesimo, e lo aveva poco per volta convinto dell’idea. Erano arrivati a sfiorare da vicino la sconfitta di Voldemort, e se l’incantesimo poteva essere costruito, allora dovevano farlo. Era per il bene di tutti, e Ginny non si sarebbe mai perdonata se avesse saputo che c’era una maniera di farlo e loro avevano perduto un’opportunità del genere per colpa sua.

E così aveva detto sì. E anche Ginny aveva acconsentito. E il mattino dopo, a colazione, l’aveva vista fissare il tavolo dei Grifondoro. Un istante dopo si era voltata e lo aveva fronteggiato senza batter ciglio, come per dire che non c’era più ragione per nascondere i suoi sentimenti, ora che lui lo aveva saputo nuovamente. Qualcosa di strano e potente aveva attraversato Harry, mentre la guardava. Era… enorme. Non aveva senso. Perché lo amava? Che cosa aveva fatto lui per meritarselo? E che diavolo doveva fare adesso che lui – e tutti quanti – lo sapevano?

Queste erano ancora le domande che lo tormentavano, e con le quali Harry doveva lottare ogni volta che Ginny gli rivolgeva la parola. Sapeva che avrebbe dovuto dire qualcosa – qualunque cosa – per indirizzare il discorso su quel che aveva fatto. Aveva rischiato la sua vita per lui, e non solo in teoria. Lo aveva realmente fatto. Durante la battaglia finale, un momento prima che Harry distruggesse Voldemort con il potere dell’Expecto Sacrificum, Ginny si era messa sulla traiettoria di un incantesimo per coprirgli le spalle dall’attacco di Lucius Malfoy, ed aveva davvero quasi perso la vita per farlo. Era ora che Harry le mostrasse la sua riconoscenza per tutto quel che aveva rischiato.

Ma non poteva.

E nei due mesi successivi, da quando Hermione le aveva chiesto di prendere parte all’incantesimo, Ginny non aveva mai parlato di quel che aveva fatto. Non aveva mai ricordato il modo in cui lo aveva protetto. E anche se si era trovata spesso in sua compagnia, e lo aveva osservato, non aveva mai dato l’impressione di soffrire dell’inquietudine che provava Harry. Anche ora, che stava lì in piedi ad osservarlo, c’era una sorta di aria divertita sul suo viso. Cercò di scusarsi per il fatto di non poter andare a nuotare con lei, e Ginny scosse semplicemente le spalle in risposta.

“E va bene. Se avete voglia di annoiarvi,” Ginny gli rivolse un sorriso. Harry sentì lo stomaco contrarsi, “Ci vediamo all’ora di cena.” Si girò e si diresse alla sinistra del cottage, e sebbene Harry desiderasse trovare una scusa per richiamarla indietro, sapeva che non lo avrebbe fatto.

Fu sollevato quando lei si fermò da sola. Era quasi scomparsa dietro l’angolo della casa, quando qualcosa sembrò bloccarla. Si congelò, girò su se stessa e scrutò attentamente la strada, come se avesse sentito qualcosa che si avvicinava. Harry la vide strizzare gli occhi per un attimo e poi tapparsi la bocca, come in preda allo stupore.

“Cosa?” disse in maniera circospetta, allungando la mano verso la bacchetta. “Che cosa c’è?” Si girò verso la strada e Ron ed Hermione lo imitarono, girando la testa per vedere che cosa stava osservando Ginny.

“Ma quello non è – ma sì! È lui!” gridò Ginny. Corse indietro verso la coperta e indicò la strada, eccitata. “È Colin!” esclamò, col volto illuminato.

Harry, Ron ed Hermione seguirono il dito di Ginny, storcendo il collo per vedere che cosa stava indicando. E con grande sorpresa di Harry, aveva ragione – Colin Canon si stava avvicinando allo Chalet Lupin, con una grande borsa nera a tracolla, e sorrideva facendo ampi gesti di saluto.

“Ciao Harry!” gridò. “Ginny! Ron, Hermione – ciao!”

Harry fece appena in tempo a domandarsi come diavolo avesse fatto Ginny ad accorgersi che stava arrivando qualcuno, prima che lei si precipitasse ad abbracciare il suo vecchio compagno di classe, che nessuno di loro aveva più visto da almeno due anni.

Colin era stato a scuola con loro solo fino alla fine del suo quarto anno. L’attacco a sorpresa di Voldemort ad Hogwarts, quasi alla fine del quinto anno di Harry, si era concluso non solo con la morte di Albus Silente, ma anche con l’uccisione di Dennis, il fratellino di Colin. I genitori Babbani di Colin non gli avevano più permesso di tornare ad Hogwarts e nemmeno di comunicare liberamente con i suoi vecchi compagni di scuola – ed i genitori di Colin non erano stati gli unici. Anche Hermione aveva dovuto litigare ed impuntarsi, per ottenere il permesso di rimanere a scuola, ed Hogwarts era sembrata molto vuota l’anno successivo, perché, nonostante le rassicurazioni della Professoressa Mc Granitt che la scuola era più sicura di quanto fosse mai stata, molte famiglie avevano scelto di tenere i ragazzi a casa.

C’erano stati molti studenti che non avevano più rivisto, ed Harry immaginava che molti di loro si fossero adattati a vivere nel mondo Babbano, senza la loro magia. Harry di certo non si era aspettato di rivedere Colin Canon, e si rialzò assieme a Ron ed Hermione per andare a salutare il loro compagno Grifondoro. Non appena arrivarono alla distanza giusta per sentire i loro discorsi, si fermarono a guardare ed ascoltare Colin, che chiacchierava animatamente con Ginny.

“Non sapevo che anche tu vivessi qui, Ginny – è fantastico!”

“Tutti e quattro abitiamo qui, ed è veramente fantastico, è splendido!”

“Ci credo.”

“Ma dove abiti tu? E pratichi ancora la magia o vivi come un Babbano? E cosa ci fai qui?” chiese Ginny, pronunciando le sue domande così in fretta da rimanere senza fiato. Harry non potè fare a meno di sorridere. C’era voluto del tempo per capire che aveva ragione Ron, quando diceva che Ginny ‘non sta mai zitta’, perché Ginny era sempre stata così timida quando era con lui. Ma negli ultimi anni aveva dimostrato l’esattezza di Ron. Era capace di parlare come tutti quanti loro messi insieme.

“Adesso vivo a Londra. Ho ricominciato a praticare la magia, e sono qui in missione.” Rispose Colin, spuntando, tra le risate, le domande di Ginny, una per una.

“In missione! E per far cosa? Oh, Colin! È così bello rivederti!”

Colin si avvicinò all’estremità della coperta, e ad Harry parve molto più grande di quanto lo ricordasse. Non aveva pensato che anche Colin sarebbe cresciuto, proprio come loro, ma ora era impossibile ignorare le differenze. Era più alto e piazzato, e il suo portamento infinitamente più rilassato. Stava anche adocchiando Ginny con evidente apprezzamento.

Harry gli porse per primo la mano, costringendo Colin a staccarsi dall’abbraccio di Ginny per potergli rispondere.

“Ciao Harry.” Anche la voce di Colin era differente – più grave. Non aveva più l’atteggiamento di chi venera un eroe, ed Harry lo apprezzò molto. Colin strinse la sua mano con fermezza. “E’ bello rivederti.”

“Anche per me.” Harry si accorse che era la verità. Era bello rivedere Colin. Tante persone erano morte o scomparse – era una consolazione poter abbracciare qualcuno che fosse vivo e in buona salute.

Subito dopo Colin abbracciò Hermione, gesto che costrinse Ron a mettersi in mezzo ai due ed offrire la mano il più rapidamente possibile. Harry trattenne una risatina. In un certo senso era divertente. Non avrebbe mai immaginato che il piccolo Colin Canon potesse suscitare delle reazioni del genere. Ma quando Colin fece un passo indietro e si passò una mano tra i capelli sorridendo, Harry realizzò che la reazione era completamente giustificata. Colin era davvero cambiato.

“Hai detto che abiti a Londra?” Chiese Hermione, non appena Colin ebbe posato la sacca, stiracchiandosi un poco.

“Già. Lo stavo appunto raccontando a Ginny. Sono rientrato nel mondo magico non appena ho saputo che Hogwarts aveva chiuso, ed ho cercato di trovarmi un lavoro a Diagon Alley.”

“Perché hai aspettato che Hogwarts chiudesse?” Domandò Ron.

Colin sorrise di nuovo. “Beh, non mi sono mai diplomato, no? E non avrei potuto fare magie al di fuori della scuola. Così avrei dovuto aspettare di compiere diciassette anni, oppure che non ci fosse più nessuna scuola che potesse mettermi nei guai. E queste due cose, in pratica, sono successe contemporaneamente.”

Hermione rise. “E allora hai trovato lavoro?”

“Alla Gazzetta del Profeta. Ci credereste che mi hanno assunto?” Sorrise con orgoglio. “E senza uno straccio di diploma, niente di niente. Beh…però ho dovuto fare un numero per convincerli. Non ti arrabbiare, Harry, ma ho detto loro che ti conoscevo.” Assunse un’aria timida. “Loro sanno quanto tu ci tenga a mantenere la tua privacy. Credo che abbiano pensato che un vecchio compagno di scuola avrebbe avuto maggiori possibilità di strapparti una foto.”

Harry si allontanò istintivamente da Colin, mentre il sorriso svaniva rapidamente dal suo viso. “Sei qui per farmi una foto?” chiese, mentre la sua voce assumeva un tono più duro. Guardò la sacca ai piedi di Colin, realizzando immediatamente che doveva contenere una macchina fotografica. “Perché? A cosa ti serve?”

“Perché?” rise Colin. “Di certo avrai sentito dire che sei famoso, Harry. Dai! So che devi essere arcistufo, ma la guerra è finita e tutti vogliono sapere che cosa stai facendo, adesso che hai salvato il mondo.”

Harry indietreggiò; il tono leggero di Colin lo metteva sempre di più con le spalle al muro, specialmente adesso che si stava chinando per aprire la sua borsa fotografica. L’ultimo commento lo aveva infastidito. Sapeva che ormai avrebbe dovuto esserci abituato, ma si sentiva seccato lo stesso. Dopotutto non aveva salvato il modo da solo; lo avevano fatto tutti insieme. Lanciò una rapida occhiata a Ron ed Hermione in cerca di sostegno. Il commento di Colin sembrava non aver avuto nessun effetto su di loro, ma stavano guardando Harry con attenzione, chiaramente in attesa che lui facesse quello che era solito fare e cioè rifiutare seccamente di sottoporsi a qualunque intervista.

Harry stava per farlo, quando fu distratto da un ‘pop’ al margine del giardino e dall’arrivo di una giovane strega, con una veste rosa scuro. Aveva con sé un rotolo di pergamena ed una penna, e fissava il giardino con un po’ di nervosismo, sorridendo a Colin mentre si risistemava i riccioli biondi. Era chiaramente la giornalista inviata.

Ed era favolosa. Il suo abito metteva in risalto il rossore delle guance ed il suo viso e il suo corpo sembravano venuti fuori da una pubblicità di Stratchy & Sons. Harry non potè fare a meno di fissarla per un istante e Ron rimase ugualmente a bocca aperta, con le sopracciglia sollevate e la mascella che si spalancava lentamente, anche se Hermione era proprio di fianco a lui.

Hermione sembrò non notare che Ron si era completamente estraniato – scrutò anche lei la strega per un attimo, finchè una scintilla di improvvisa consapevolezza le attraversò il viso. Si voltò rapidamente verso Ron, cogliendo la sua espressione, ma con grande sorpresa di Harry non sembrò affatto infastidita. Al contrario, Hermione scoccò un sorriso malizioso.

Attraversò il prato, con le braccia spalancate verso la deliziosa giornalista e l’abbracciò. Harry non capì il perché, finchè Hermione non cominciò a parlare, abbastanza forte perché tutti potessero sentirla. “Eloise! Eloise Midgen, è passato un anno intero, che meraviglia rivederti!”

Ora la bocca di Ron si era spalancata completamente. Hermione si voltò e tornò verso di lui, portando con sé Eloise. Il sorriso di Eloise era ancora esitante, ma Hermione sogghignò rivolta a Ron, come se Natale fosse arrivato in anticipo. “Ron ricordi di certo Eloise, sono sicura. Dille ciao.”

Ron annuì stupidamente, allungò la mano e balbettò, “Beh.. ehilà.”

“Ciao.” Replicò lei timidamente, guardando di nuovo verso Colin, che scosse la testa in maniera incoraggiante. “Ciao, Ron. E… Harry?” Allungò la mano verso di lui ed Harry la strinse.

“Ciao, Eloise.” Disse, soffocando una risata per Ron, che era ancora a bocca aperta, in stato di shock. Accanto a lui, Hermione era in estasi, in preda ad una deliziosa soddisfazione.

“Anche Eloise lavora per la Gazzetta del Profeta,” spiegò Colin. “Ti rivolgerà alcune domande. Va bene, Harry?” Colin imbracciò rapidamente la sua macchina fotografica e si posizionò alle spalle di Eloise.

Ciononostante lei sembrava ancora esitare.

“Mi dispiace, ma sono ancora alle prime armi, Harry – sono sicura che preferiresti parlare con qualcun altro. Hanno mandato me, solo perché ero ad Hogwarts con te; gli editori pensano che sia differente se…”

Colin le poggiò una mano sulla spalla. “Gliel’ho già detto, El. Va tutto bene. Vai avanti, fai le tue domande.”

“Beh, non sono proprio le mie domande, voglio dire, non le ho scritte io.”

“E’ lo stesso, sono comunque le tue.”

Eloise sospirò ansiosamente. “Non mi sto comportando bene, vero?”

“Ma sì! Vai avanti.”

Harry non potè fare a meno di sorridere al loro scambio. Non si comportavano di certo come quei giornalisti che aveva già dovuto incrociare, e fu sorpreso di sentirsi abbastanza generoso nei loro confronti, considerando quanto era arrivato ad odiare le attenzioni della stampa. “Nemmeno io me la cavo molto bene con queste cose.” Ammise con sincerità.

Eloise lo guardò di nuovo. “Quindi non ti dispiace se ti faccio qualche domanda?”

Colin sospirò, sorridendole. “Anche se gli dispiace,” disse con un tono paziente, “devi fargliele lo stesso. E’ il tuo compito.”

“Mi sembra una cosa così scortese.”

“Già… beh, sei una giornalista.”

Harry rise a queste battute e decise che non era un dramma lasciarle fare l’intervista. Dopotutto, erano solo Colin ed Eloise, ed erano ovviamente inoffensivi.

“Chiedi pure,” disse senza pensarci, ignorando gli sguardi sbalorditi che Ron ed Hermione gli stavano rivolgendo.

Eloise sorrise con dolcezza. “Grazie, Harry. Bene, allora…” disse, controllando la pergamena e bilanciando la sua penna. “La prima domanda è – ”

“Per caso quella è una Penna Prendiappunti?” Chiese improvvisamente Ginny. Aveva fatto un passo avanti, accanto ad Harry e stava indicando la penna con aria sospettosa.

“Oh, no!” Eloise scosse i riccioli. “E’ solo una Autoinchiostrante. Va bene?”

Ginny riflettè un momento e poi annuì – ma non si allontanò. Rimase impettita accanto ad Harry, con le braccia incrociate sul suo costume da bagno, ascoltando con attenzione. Harry le scoccò uno sguardo con la coda dell’occhio.

“Bene,” proseguì Eloise. “Prima domanda. Che cosa hai deciso di fare, adesso che Tu-Sai-Chi è stato sconfitto?”

“Voldemort,” la corresse Colin.

Eloise deglutì. “Sì – scusa. Non ci sono ancora abituata. Va bene, che cosa intendi fare ora che Voldemort è stato sconfitto? Hai qualche offerta di lavoro, Harry? Idee di far carriera?”

Harry pensò, sconfortato, all’offerta di lavoro che gli avevano fatto gli Auror. Se avesse mentito ad Eloise su questa cosa, Moody avrebbe letto il giornale e lo avrebbe saputo. D’altra parte, se avesse detto la verità, Eloise avrebbe di certo voluto sapere esattamente perché Harry avesse rifiutato un’offerta così significativa, ed Harry non se la sentiva di sostenere la discussione. Normalmente, a quel punto, avrebbe interrotto direttamente l’intervista. Ma il fatto di conoscere Colin ed Eloise dai tempi della scuola, non rendeva la cosa facile. Trovava odioso fare la figura del maleducato; percepì che il panico si stava impossessando di lui, come capitava tutte le volte che aveva a che fare coi giornalisti, e cominciò a gesticolare goffamente.

“Beh – non saprei- ”

Si fermò. Ginny lo aveva toccato delicatamente sul fianco con le sue dita – un improvviso shock lo colpì allo stomaco.

“Non hai preso ancora nessuna decisione sul tuo futuro,” lo indirizzò, con calma.

Harry chiuse gli occhi. Era un’ottima risposta. “È vero,” disse, rivolgendosi di nuovo ad Eloise. “Non ho ancora delle idee precise. È ancora tutto campato per aria.”

Colin sogghignò. “Beh, Harry. Hai anche tu un agente,” disse, scattando una fotografia ad Harry e Ginny, uno accanto all’altra. Ginny trasalì visibilmente ed Harry sentì come un senso di nausea, desiderando di non aver mai dato il permesso per una cosa del genere.

“Campato…per…aria…” mormorò Eloise, scrivendo rapidamente. “Oh! E a proposito dell’aria, Harry, hai intenzione di giocare di nuovo come Cercatore?”

Harry rispose con lentezza. “Cosa – cioè, intendi a livello professionale?”

Colin diede una leggera pacca sulla schiena ad Eloise. “Ottima domanda,” si complimentò. Lei arrossì un poco, cosa che la rese ancora più carina di quanto non fosse già, ma Harry lo notò a fatica. Gli aveva fatto nascere in testa visioni di Quidditch professionale – una cosa che non aveva quasi osato sognare negli ultimi anni. Gli era sembrato così irreale, così impensabile che potesse entrare a far parte di una squadra britannica.

“Giocare come Cercatore,” ripetè, realizzando solo mentre ne parlava, che l’idea gli piaceva molto. “Beh, non ci ho quasi mai pensato,” rispose onestamente.

“Ma ci penserai, adesso?” lo incalzò Eloise.

Harry scrollò le spalle. Non era del tutto escluso. Non gli avevano sempre detto che era addirittura meglio di Charlie? E Charlie dicevano che era bravo abbastanza da poter ambire di giocare con la Nazionale. “Può darsi”, rispose in maniera indefinita. “Non so.”

“Beh, immagino che non ci sia stato molto tempo per decidere della tua carriera,” disse gentilmente Eloise, soppesando nuovamente la sua penna e scorrendo il suo foglio. “Cosa che mi porta alla domanda numero due. Hai sempre pensato di avere davanti a te un futuro sul quale fare dei progetti, oppure sei sorpreso di essere sopravvissuto?”

Harry sentì lo stomaco trasformarsi in un ghiacciolo. Accanto a lui, Ginny emise un brusco sbuffo di protesta.

“La prossima domanda”, disse con un tono di voce basso e piatto.

“Oh, dai, Ginny, non è così irragionevole – in fondo nessuno di noi sapeva se saremmo sopravvissuti-” cominciò Colin, ma Ginny lo zittì con un gesto della mano.

“E va bene. Eloise, prestami un attimo la penna e la pergamena. Posso aiutarti a non perdere tempo.”

Sbigottita Eloise allungò tutto quanto a Ginny, che cominciò a controllare attentamente la lista delle domande. Emise un piccolo sbuffo arrabbiato ed impaziente e cominciò ad eliminare una domanda dopo l’altra. Harry osservava da sopra la sua spalla quello che veniva eliminato, “Ti sembra che i tuoi genitori siano ancora con te in spirito?”, “Qual è il tuo ricordo più difficile della guerra?” e “Pensi che ti riprenderai mai dalla tua lunga battaglia contro il lato Oscuro?”. La sua mano ebbe un tremito mentre tracciava con forza una riga sopra “Anche i tuoi migliori amici hanno sofferto terribili perdite. In che modo ti hanno influenzato?”. Sollevò per un attimo lo sguardo verso Harry. Lui notò che aveva esitato per un istante, prima di abbassare di nuovo gli occhi sul foglio e tracciare una riga su “C’è qualcuno con cui stai uscendo ultimamente?”.

Ginny diede un’ultima occhiata alla pergamena e poi, apparentemente soddisfatta, la restituì assieme alla penna.

Il viso di Eloise si rabbuiò, quando vide il risultato. “Ma mi hai lasciato solo due domande!” cercò di obiettare. Ma Ginny era inamovibile – se ne stava devotamente accanto ad Harry e scuoteva la testa. Ad Eloise non rimase nient’altro che un sospiro. “Ok…va bene. Domanda numero cinque -”

“Numero tre.” Le fece notare tranquillamente Colin.

“No, no. Sarebbe stata la cinque. Non sono autorizzata a chiedere la tre e la quattro,” sussurrò Eloise sopra la sua spalla. Si passò una mano tra i capelli ed Harry non potè fare a meno di notare che Colin la guardava con un misto di divertimento ed attrazione.

“Bene,” concordò, “numero cinque.”

Eloise gli sorrise e si rivolse di nuovo ad Harry. “Domanda numero cinque. Sei contento di vivere con Sirius Black?”

Harry guardò di nuovo Ginny, e sentì un moto di gratitudine nei suoi confronti, ma contemporaneamente una fitta di colpevolezza verso Sirius. Anche se i tentativi del Ministero per difendersi dai Dissennatori gli avevano di certo reso quasi impossibile, quella settimana, di trascorrere un po’ di tempo con lui, Harry apprezzava che il nome del suo padrino fosse finalmente libero dai sospetti e la possibilità di poter finalmente vivere assieme. Realizzò improvvisamente che quella situazione probabilmente era per lui tanto nuova e strana, quanto lo era per Sirius. E realizzò anche che a questa domanda, ora, poteva tranquillamente rispondere.

“Certo,” rispose immediatamente, “sono contento. Era da tanto tempo che desideravo di poter vivere con lui.” Aggiunse subito dopo, sentendo il pizzicore di un sorriso. “Sirius è grande.”

Colin scattò una foto mentre il sorriso aleggiava ancora sul viso di Harry, ed Eloise prese appunti in fretta e furia.

“Molto bene,” disse quando ebbe terminato. “Ed ecco la domanda numero otto. Come ti vedi fra dieci anni?”

Eloise lo guardò con trepidazione. Harry rabbrividì. Era un quesito piuttosto innocente, ma lui era l’ultima persona che avrebbe potuto sapere come rispondere, perché la verità era che la domanda di Eloise aveva centrato il bersaglio. Harry non aveva mai considerato la sua vita al di là di Hogwarts. Gli era sempre sembrato più che probabile il pensiero di poter morire – ogni volta che ripensava ai sette anni appena trascorsi, si rendeva conto di essersi trovato più volte incamminato in quella direzione, in un modo o nell’altro. Sarebbe stato inutile costruire un futuro, e doloroso pianificare cose che non avrebbe realisticamente potuto nemmeno immaginare che si sarebbero realizzate. Ma adesso che tutto questo era finito… sembrava quasi una perdita. Dieci anni sembravano un’immensa ed ininterrotta distesa di tempo.

Harry si sorprese a guardare Ginny, forse perché lei era stata in grado di aiutarlo così tanto con l’intervista, nella speranza che avrebbe avuto qualche idea su come rispondere. Ma ora non gli offriva nessuna risposta; semplicemente lo guardava, con la curiosità dipinta sul viso, in attesa della sua replica. Non ci fu nemmeno una parola fra loro due, ma Harry immaginò di sapere perché lei non aveva eliminato la domanda. Voleva sapere se ci sarebbe stato un posto per lei nella sua risposta.

“Non so,” disse lentamente, alla fine, allontanandosi da Ginny, così da non doverla vedere, e fissando di nuovo la macchina fotografica. “So che non è la risposta che stavi aspettando…” proseguì, mentre sul volto di Eloise si dipingeva il disappunto.

“Beh, magari lui non lo sa” disse improvvisamente Ron, richiamando l’attenzione della giornalista su di lui, “Ma io avrei alcune idee su quel che potrebbe fare nei prossimi dieci anni,” Apparentemente Ron si era abbastanza ripreso dalla catalessi per Eloise – al di là della sua spalla lanciò ad Harry un’impercettibile strizzata d’occhi.

Eloise si rivolse a Ron con gratitudine. “Davvero? E sei il suo migliore amico, no?”, disse, scribacchiando qualcosa.

“Uno dei suoi migliori amici,” rispose Ron, passando un braccio attorno ad Hermione. La macchina di Colin si rivolse verso di loro e scattò un paio di volte, emettendo una piccola nuvoletta rossa. “Sei pronta a prendere nota?”

Eloise annuì con impazienza. “Sì, ti prego”

“Dunque, se ne starà seduto a perdere tempo, seguendo i progressi della sua biografia – che scriverà Hermione – mentre i suoi figli giocheranno con il suo trofeo della Coppa del Mondo di Quidditch e piangerà sulla sua burrobirra, perché nessuno sarà più interessato ad intervistarlo.” Ron sogghignò. “Ti sembra abbastanza plausibile, Harry?”

Harry sentì un vero sorriso illuminargli il viso, per la prima volta da settimane. Spesso lo stupiva ancora come i suoi amici lo conoscessero bene. Ron sapeva sempre quando intervenire con una battuta, ed Harry provò vera gratitudine per come il suo amico lo aveva tolto dall’imbarazzo in un momento difficile.

Hermione, che stava ancora ridendo per quella previsione del futuro, appoggiò la sua testa sulla spalla di Ron. Colin rubò un’altra istantanea dei due. Nel frattempo Harry si era di nuovo rivolto verso Ginny. Stava guardando il fratello, ed Harry notò con sorpresa che i suoi occhi brillavano, come se fossero pieni di lacrime. Lei girò rapidamente la testa, prima che lui ne potesse avere la certezza, ed Harry strinse gli occhi, distrattamente, mentre la macchina fotografica lanciava un flash nuovamente nella sua direzione.

“Sì,” Concordò alla fine, annuendo verso Ron e lanciando un sorriso dritto dentro l’obiettivo. “Sì… mi pare una buona risposta.”

Da Colin arrivò un altro flash. Eloise scrisse qualche altro appunto, diede un’ultima occhiata alla pergamena e la riarrotolò.

“Fatto?” chiese Harry con sollievo.

“Fatto,” replicò Eloise. “Posso ricavarne qualcosa di buono. Lo completerò coi ricordi di scuola – e, non ti preoccupare Harry, non sarà così orribile come pensi.” Sorrise gentilmente, ed Harry le diede fiducia.

“Grazie”

“Forza, El,” disse Colin, riponendo la macchina fotografica nella borsa, e rimettendosela a tracolla.

“Oh, no!” esclamò Hermione. “Ve ne state davvero andando? Non potete scappare, è da così tanto tempo che non ci vedevamo!”

“Non abbiamo nemmeno avuto il tempo di fare due chiacchiere,” intervenne Ginny, allungando le mani, come se avesse potuto fermarli.
Colin scosse la testa scusandosi. “Lo so. Mi sarebbe piaciuto poter rimanere. Avrei voluto recuperare tutte le cose che mi sono perso.” Rise, e c’era un non so che di amaro nella sua risata. “Non è possibile. Ma dopotutto, prima di andarmene…” Colin allungò una mano verso Ginny. “Volevo dirti che ho sentito quel che è successo a tuo fratello e mi dispiace. Io… io so che non serve a niente. Ma so come ci si sente, e mi dispiace che sia successo proprio a te.”

Harry stette ad osservare mentre Ginny stringeva la mano di Colin per un istante. Poi la lasciò andare e piegò la testa lentamente. “Grazie.” Sollevò il lo sguardo, dopo una pausa. “Ogni tanto ripenso ancora a Dennis,” disse in cambio, lo sguardo pieno di simpatia.

Colin piegò ugualmente la testa, poi si riprese e porse la mano a Ron, che la strinse forte nella sua. “Grazie,” rispose un po’ impacciato.

“E mi spiace anche per i tuoi genitori,” disse dolcemente Colin, offrendo la mano anche ad Hermione. Lei la afferrò, ma la lasciò andare dopo un istante, si strinse a Ron e non disse niente. Harry immaginò che non ce la facesse. Fin dal giorno dell’attacco ai suoi genitori, non era mai stata in grado di dire molto su di loro, e lui non la biasimava per la sua riservatezza. Sapeva meglio di chiunque altro, cosa volesse dire perdere entrambi i genitori nella guerra contro Voldemort, e lo uccideva sapere che il fatto di essere sua amica le avesse causato una sofferenza tanto grande. Harry distolse lo sguardo da lei, per non vedere il suo viso sciogliersi nel dolore. Era troppo penoso solo pensarci.

Dopo un lungo momento di tensione, Eloise si lasciò sfuggire un sospiro. “Oh, detesto dovermene andare. È bellissimo rivedere i vecchi amici. Mi piacerebbe che potessimo rimanere, davvero. Ma dobbiamo intervistare anche uno stregone a Bristol, e…”

Colin annuì. “E siamo anche in ritardo.” Si scosse. “Oh, beh. Molti dei nostri compiti non sono così di alto livello. Ma non preoccupatevi,” rise e fece l’occhiolino ad Harry. “Sono certo che farai qualcos’altro che li costringerà a mandarci di nuovo a romperti le scatole. Fai in modo che sia così, Harry, ok?” Sorrise e si rivolse di nuovo ad Eloise. “Tu ti puoi Smaterializzare, ed io userò la Polvere Volante al villaggio, così se vuoi rimanere un altro po’, hai ancora un quarto d’ora prima che io riesca ad arrivare là.”

“Non c’è problema, non mi Smaterializzerò,” disse Eloise, riponendo la sua penna. “Verrò con te. Ciao Hermione, è stato bello rivederti – ciao a tutti – ci rivediamo presto!”

Tutti salutarono, e rimasero ad osservare Colin ed Eloise che scomparivano lungo la strada.

I due erano appena fuori portata di voce quando Hermione, che era ancora appoggiata a Ron, mormorò, “Mio dio, quanto era carino il suo naso…”

Harry fece una risata strozzata. Sapeva esattamente a cosa si riferiva Hermione. Sentì Ginny che ridacchiava al suo fianco, e realizzò che anche lei aveva capito la battuta.

Ron, ovviamente, non aveva afferrato la battuta di Hermione. “Il suo naso?” disse con incredulità. “Cosa te ne frega del suo naso? È uno schianto!”

Hermione sollevò la testa e lo fissò con uno sguardo languido. “Oh?”

Le orecchie di Ron diventarono rossissime. “Oh, beh… era solo… sai… un’osservazione -”

Hermione sollevò un sopracciglio. “Ne sono certa.” Lanciò uno sguardo divertito ad Harry, e poi a Ginny, mentre si allontanava da Ron. “Bene, io sono stanca di studiare. Ginny, hai ancora voglia di andare al lago?”

Ginny guardò il cielo. “Abbiamo ancora tempo. Dai, andiamo!” Si girò lentamente, “Vieni, Harry?”

Harry sentì la gola che si contraeva, mentre lei lo osservava. Ginny lo invitava sempre con lei. Ogni volta era chiaro che le avrebbe fatto piacere la sua compagnia, e lo faceva senza la minima traccia di imbarazzo. Tutto questo rendeva terribilmente difficile sostenere il suo sguardo.

“Magari tra un minuto,” incespicò. Distolse lo sguardo dal suo, per essere certo che Ron non lo stesse osservando, ma Ron era ancora perso nello sconforto e non avrebbe notato nient’altro, oltre la schiena di Hermione, che stava seguendo Ginny dietro l’angolo della casa.

Quando le due ragazze si furono allontanate, Ron si girò verso Harry. “Perché l’ho detto?” borbottò. “Colpiscimi con un Incantesimo di Silenzio la prossima volta, ti dispiace?”

Harry fece una risatina. “Non credo che se la sia presa.”

Ron scosse la testa. “Si comporta come se non le importasse. E poi, un anno dopo, improvvisamente tira fuori l’argomento nel peggior momento possibile, come se fosse una munizione – credimi, succede tutte le volte.”

“A volte succede anche quattro anni dopo, mi sembra di capire,” replicò Harry in tono piatto.

“Già…” concordò Ron, crollando come un condannato. “Probabilmente accadrà qualcosa del genere. Ha una gran memoria, quella lì.”

“Eh, sì.” Harry doveva lottare per trattenere una risata – si sentiva bene. Improvvisamente era felice che Colin ed Eloise fossero arrivati lì, in maniera così inaspettata; anche se lo avevano intervistato, lo avevano lasciato con un umore diverso.

“Dovrei andare,” stava mormorando Ron, “devo seguirla laggiù e – sì. Sì. Vieni anche tu giù al lago?” Ron fece un cenno in direzione della casa e andò a raccogliere la coperta sulla quale si erano stesi.

Harry sentì di arrossire. Il suo momentaneo stato di benessere venne immediatamente sostituito da qualcosa di simile alla nausea, mentre si immaginava la possibile scena al lago. Era certo che Ron avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare da Hermione il più in fretta possibile, e l’idea di essere lasciato solo con Ginny mentre accadeva tutto questo, lo terrorizzava. Sarebbero stati soli. Nell’acqua. Un’immagine emerse nella mente di Harry senza essere stata chiamata, e lui cercò senza successo di scacciarla.

“Beh, io – vorrei allenarmi un po’ sulla Firebolt,” balbettò, con la gola secca. “Penso che piuttosto andrò al campetto.”

Ron lo guardò ed Harry avrebbe potuto giurare che l’espressione del suo amico fosse sospettosa. “Beh… Ok,” disse Ron, rabbrividendo un poco. “Ci vediamo a cena, allora?”

Harry annuì, senza guardare negli occhi di Ron, poi lo superò per entrare in casa e recuperare la sua scopa. Non stava andando al lago. Non stava andando a sedersi laggiù, in imbarazzo, senza sapere che cosa dire o cosa fare. Expecto Sacrificum gli aveva reso impossibile guardare Ginny senza sentirsi responsabile per lei. Era in debito con lei di una risposta che non aveva. Se solo non avesse conosciuto i suoi sentimenti… se solo non l’avessero costretta a partecipare a quel dannato incantesimo… se solo non avesse sfiorato il suo viso dicendo “Ti amo” suonando così reale, allora lui non l’avrebbe guardata così. Non avrebbe pensato a lei così.

Non lo avrebbe fatto?

Harry raggiunse la casa, e salì al piano di sopra per prendere la Firebolt catturando per un istante la sua immagine nello specchio, mentre si voltava per uscire dalla stanza che divideva con Ron. Gli stessi capelli neri spettinati, gli stessi occhi verdi, gli stessi occhiali, e quando scostava i capelli dalla fronte, la stessa cicatrice a forma di lampo. Anche lo specchio, di solito, era silenzioso sull’argomento. Quel mattino aveva brontolato “Che cosa stai indossando, caro?” ed era tornato zitto. Non era nulla di spettacolare. Anche essere Harry Potter non era nulla di spettacolare – la gente avrebbe dovuto accalcarsi per intervistare Ron ed Hermione. Avevano fatto finire la guerra come lui, e nessuno era dovuto morire per colpa loro. La gente era morta per colpa sua. I suoi genitori. Hagrid. E i Granger erano ancora a San Mungo. Perché diavolo Ginny non lo vedeva per quello che era?

Scosse vigorosamente la testa, si girò e tornò al piano di sotto, due scalini alla volta, scivolando silenziosamente fuori dalla porta per evitare di dover parlare con chiunque. Corse per tutto la strada che portava all’altro capo di Stagsden, col fiato che gli bruciava i polmoni. Diceva a se stesso che era per allenarsi. Che stava davvero prendendo in considerazione il suggerimento di Eloise di tentare di entrare in una squadra del Campionato Britannico di Quidditch, e allora doveva rimettersi in forma – salire verso il cielo e rinfrescare la tecnica da Cercatore.

In realtà, aveva solo bisogno di un paio di picchiate spericolate.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.