prologo

Expecto Sacrificum
Traduzione: Raffaella Chiaretta

“Giuro di morire per te, Harry. Tale è il mio amore per te .” La voce di Hermione era chiara e la fiammella azzurra guizzava al centro del cerchio, vicino ai suoi piedi. Teneva stretta la mano di lui, ed Harry fu sorpreso di vedere, dallo sguardo sul suo viso, che diceva sul serio. Sapeva che diceva sul serio – altrimenti quell’incantesimo non avrebbe mai avuto effetto. Ma sentire quelle parole proferite da Hermione in maniera così seria causò una reazione più potente di quanto egli stesso si era aspettato.

Con la mano libera Hermione sollevò la bacchetta e con essa toccò la sua cicatrice. “In nomine Expecto Sacrificum.” Harry rabbrividì nel sentire la promessa di lei passare attraverso quella che un tempo era stata solo la cicatrice di un incantesimo. Ora era un passaggio, e stava funzionando – riusciva a sentire l’inizio della nuova magia prendere forma dentro di lui. Annuì ad Hermione, che risplendeva di speranza mentre riprendeva posto nel cerchio.

Ron si fece avanti dopo di lei, i suoi occhi azzurri solenni. Batté una mano con fermezza sulla spalla di Harry e si piegò in avanti per guardare il suo amico dritto in faccia. “Giuro di morire per te, Harry. Tale è il mio amore per te.” Le parole c’erano sempre state, ma dette a voce alta furono uno shock per entrambi i giovani e la voce di Ron era roca. Il suo contatto visivo, comunque, rimase fermo e c’era profonda convinzione nel suo sguardo. “In nomine Expecto Sacrificum,” disse, toccando la cicatrice di Harry con la bacchetta. L’incantesimo si diffuse e penetrò in Harry; egli lo sentì radicarsi al centro del suo stesso potere magico. Era strano e difficile credere che i suoi amici stessero facendo questo per lui. Si chiese se era possibile che lui meritasse tanto.

Poi fu la volta di Lupin. La sua mano toccò dolcemente il braccio di Harry. “Giuro di morire per te, Harry.” disse calmo, il viso indecifrabile. Poteva essere nuovamente colpito dalla somiglianza tra Harry e James, in quel momento. “Tale è il mio amore per te.” L’espressione di Lupin cambiò leggermente ed Harry poté vedere le lacrime negli occhi grigi del suo insegnante mentre sollevava la bacchetta e ne appoggiava la punta sulla cicatrice di Harry, che ora bruciava leggermente, a causa della magia che era incanalata in essa. “In nomine Expecto Sacrificum“. Lupin abbassò la bacchetta e fece silenziosamente un passo indietro, sparendo dalla sua vista.

Sirius fece un lungo passo in avanti e pose la sua intera mano sulla sommità del capo di Harry, spingendogli indietro i capelli. Il suo viso era rosso per l’emozione. “Giuro di morire per te, Harry. Tale è il mio amore per te.” Gli occhi del suo padrino non erano indeboliti ora, penetravano Harry con tutta la vita che potevano ed ogni parola pronunciata era appassionata. Ciò che era successo in passato non sarebbe più successo. Mise la bacchetta sulla cicatrice di Harry e ve la mantenne. Harry sentì come se la sua pelle stesse bruciando adesso, ma non osava muoversi. Tutto questo era troppo importante. “In nomine Expecto Sacrificum“, Sirius recitò. Quindi, gli occhi ancora scintillanti, fece un passo indietro.

Ginny era l’ultima donatrice. Lei portava un elemento necessario, l’unica ragione per cui Harry aveva permesso ad Hermione di chiederle aiuto. Ginny aveva detto subito di sì, ma Harry la guardava ora e si chiedeva perché glielo aveva permesso. Improvvisamente voleva dire di no, urlarlo, per fermare la sua magia. Voleva fermarli tutti. Non potevano rischiare le loro vite per la sua e non si poteva chiederglielo. La sua protezione non valeva il sacrificio. Lui era solo uno e loro erano cinque; era solo un mago che per caso sapeva giocare bene a Quidditch e aveva un nemico mortale; sì, poteva anche essere il Bambino Sopravvissuto, ma ciò non significava niente se i suoi amici non erano anch’essi vivi. Loro erano la sua famiglia ora. La sua prima famiglia aveva già fatto questo per lui e ora non c’era più.

In preda al panico, Harry alzò un palmo per fermarla ed aprì la bocca per protestare. Ma Ginny prese le sue dita con la mano con cui teneva la bacchetta e scosse velocemente la testa, dandogli uno sguardo così fieramente intenso che lui richiuse la bocca senza dire una parola. Non avrebbe parlato. Non avrebbe interrotto questo. Ne avevano già parlato tutti quanti insieme e, alla fine, Harry aveva acconsentito a permettere di costruire l’incantesimo. Non c’era altro modo.

Soddisfatta che lui tacesse, Ginny mise la mano libera sulla sua guancia e lo guardò su in faccia. “Giuro di morire per te, Harry.” La sua voce era bassa, ma pronunciava ogni parola con sicurezza. “Tale è il mio amore per te.” Il tono del suo sussurro lo fece rabbrividire. Tutti nel cerchio trattennero il respiro, ma Ginny non tolse gli occhi da quelli di Harry. Lasciò andare la mano e, sempre tenendo il suo viso, sollevò la bacchetta per toccare la sua cicatrice. “In nomine Expecto Sacrificum“. Harry sussultò leggermente al tocco. La magia che entrava attraverso la cicatrice magica sulla sua fronte era molto forte ed ora molto dolorosa. C’era un pulsare sotto alla bacchetta di Ginny e per Harry era impossibile stare lì immobile, ma lo fece. Doveva farlo.

Senza un suono, Ginny spostò la bacchetta e fece un passo indietro nel cerchio, lasciando Harry al centro. L’incantesimo appena completato lo attraversò dalla fronte fino ai piedi. Ogni centimetro del suo corpo ne era impregnato e la magia andò più a fondo delle ossa. Era evidente che intendevano davvero ciò che avevano detto. E se avesse affrontato Voldemort con questo… forse allora…

Harry chiuse le dita intorno alla bacchetta e immaginò le parole nella sua testa “Expecto Sacrificum!” Con sua grande sorpresa una specie di dardo bianco esplose dalla sua mano e dalla bacchetta volarono scintille. Sobbalzò e la fissò. Non aveva ancora detto niente.

La fiammella azzurra illuminò tutti e cinque i visi nel cerchio e Harry li guardò perplesso. Avrebbe voluto ringraziarli, ma gli mancò la voce. Sapeva che non lo stavano facendo solo per lui, ma per il mondo, per chiunque avrebbe sofferto per il potere di Voldemort. Eppure lo stavano facendo attraverso di lui e poteva accadere solo attraverso lui per il fatto che i suoi amici erano disposti a donargli così tanto.

In silenzio Harry tenne le mani aperte “Io…” cominciò piano, “Io non so….”

Ma non aveva importanza. Un attimo dopo era circondato da ogni parte poiché tutti nella stanza si erano fusi insieme in uno stretto abbraccio protettivo. Qualcuno colpì con un piede la fiammella azzurra che guizzò fuori e li lasciò al buio, ma nessuno si mosse per rimetterla a posto. Se l’incantesimo non avesse funzionato questa era l’ultima volta che loro sarebbero stati insieme, e ognuno di loro lo sapeva.

Harry chiuse gli occhi e appoggiò il capo pesantemente sulla spalla a lui più vicina, facendo un profondo respiro che esalò lentamente.

Sarà meglio che funzioni…

***

“Harry?”

Stava seduto sui gradini d’ingresso di Hogwarts, lo sguardo al lago. Era stupendo in estate. Hogwarts stava mezzo crollato dietro di lui, ma il lago risplendeva ignaro sotto il sole chiaro di giugno.

“Su Harry, siamo tutti pronti per andare, se ci sei.”

Si sentiva ancora come dentro a un sogno. Solo una settimana prima, il giorno del diploma, lì infuriava una guerra. Solo una settimana prima c’era stato un Voldemort che aveva voluto distruggerlo. Ed ora era tutto immoto.

“Hey, cosa vi trattiene così… accidenti, è ancora seduto qui fuori? Harry alzati, ho fame, voglio arrivare laggiù.”

Ma non era quella fredda, terribile calma, quella in cui avevano sussurrato negli ultimi anni. Non il silenzio carico di tensione dell’attesa di terrore, non la terribile, tacita enormità di un’altra morte. Solo pace.

“Shh, lasciatelo stare. Dov’è Ginny?”

“Sta dicendo addio alla sua stanza”

“Oh” Qualcuno tirò su col naso. “Il mio baule è vicino al caminetto, i vostri?”

“Adesso lo prendo.”

“Pensavo che foste pronti! Beh, va a prenderlo subito, io faccio entrare Harry.”

Una leggera brezza soffiava. C’era un frusciare di alberi ai margini della Foresta Proibita, e il canto di qualche strana creatura, non proprio un uccello, non proprio un mammifero. Hagrid avrebbe saputo dire cos’era. Harry piegò il capo. Almeno era finita, si disse.

“Harry, io sto entrando. Vieni dentro quando sei pronto, andiamo con la Polvere Volante attraverso il caminetto della sala comune. La professoressa McGranitt dice che dovrebbe funzionare adesso.” Fece una pausa. “Dico a Ron ti prendere il tuo baule, okay?”

Harry annuì sovrappensiero e fissò lo sguardo oltre al prato, le lacrime che gli salivano agli occhi. Non si voltò a mostrarle, ma questa volta non lottò nemmeno per ricacciarle indietro. Sentì dei passi dietro di lui e il portone di quercia chiudersi piano. Ora era solo per un momento. Harry spinse in alto gli occhiali e sbatté gli occhi per mettere a fuoco la lettera che pendeva dalla sua mano. Era una bella lettera. Era troppo bella per essere vera e l’emozione non era ancora svanita.

Caro Harry,

Certo che puoi portare Ron, Hermione e Ginny. Speravamo che l’avresti fatto e c’è spazio più che a sufficienza per tutti anche se dovrete stare in due per stanza. Remus e io vi aspettiamo con impazienza. Venite più in fretta che potete.
Tu sai che ho sempre dubitato di poter essere un giorno libero di svolgere i miei compiti di padrino con te. Ma Harry, ora che lo sono sarà come avrebbe sempre dovuto essere. Te lo prometto.
Non vedo l’ora di vederti

– Sirius

Harry guardò la lettera a lungo. Stava per passare un’estate, un’intera estate, con i suoi amici. E non c’era nessun pericolo in questo. Nessuna minaccia Oscura che pendeva sulla sua testa, nessun’altra trovata di Draco Malfoy, nessun Mangiamorte, nessun Dursley.

C’era un intenso dolore in Harry, in parte gioia, in parte vuoto. Dopo tutto ciò che era successo, la vita andava avanti. Era ancora estate. Il lago era abbagliante. Hogwarts era in vacanza. Lui si era diplomato in quelle aule.

“Harry?”

Si voltò verso la voce gentile ed una figura alta e snella dai capelli rossi si lasciò cadere vicino a lui sul gradino. “Allora, sei pronto?”

“Dovrei esserlo?”

Ginny posò la guancia sulle propria ginocchia e sospirò alla domanda. Harry notò che i suoi occhi erano già cerchiati di rosso.

“No, certo che no,” rispose tranquilla. “Io non lo sono.”

“Ma dobbiamo andare comunque.”

“Sì.”

“Tacquero e Harry guardò oltre Ginny, allungando il collo verso il campo di Quidditch. “Tutto finisce,” mormorò, incerto del perché all’improvviso provasse tale amarezza.

“No. Alcune cose non finiscono.”

La guardò per un attimo, i loro occhi si incrociarono e poi entrambi tolsero lo sguardo.

“Ron ha detto che stavi dicendo addio alla tua camera.”

“Infatti. Allora è venuto su e mi ha detto di smetterla di parlare a me stessa e poi è salito nel dormitorio maschile ed ha portato il tuo baule giù con un incantesimo.”

Harry sorrise suo malgrado. Ron era così.

“Quindi state aspettando tutti me, allora.”

“Beh, Hermione ha detto di non metterti fretta. Ma è … è ora, Harry. Sirius si chiederà cosa ci è successo.”

“Vorrei poter portare Fanny con noi.”

“Presto. Starà bene, e tu avrai Edvige.”

“Sì, suppongo che sia meglio così.”

“Sì.”

Insieme si alzarono in piedi pulendosi la divisa scolastica e osservando il paesaggio ancora una volta. Harry fece un lungo, profondo respiro, si voltò e stava per entrare dietro a Ginny nel castello quando per caso guardò su. I suoi occhi incontrarono la torre che era stata di Silente. La finestra vuota del Direttore della scuola brillava nel sole.

Harry sollevò istintivamente una mano in segno di saluto. La finestra sembrò lampeggiare.

Poi seguì Ginny dentro al salone, dove Ron ed Hermione li aspettavano. Stava per cominciare la prima vera estate della sua vita.

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