trailer e metamarketing

Capolavoro concentrato in due minuti o semplice mezzo commerciale senz’anima? Il trailer di un film è spesso l’unica cosa che vediamo del film stesso. Il trailer inganna, può far sembrare un film diverso da quello che è. Oppure dice troppa verità, svela tutta la trama e concentra tutti i momenti che vale la pena vedere. Il trailer moderno è un’invenzione di Don LaFontaine. Magari non lo conoscete, ma lui ha speakerato in migliaia di trailer classici (quelli che ospitano tradizionalmente frasi magniloquenti del genere “In un mondo dove…” o “Cancella tutto ciò che hai conosciuto…”, etc).

I cliché narrativi di LaFontaine oggi sono oggetto di parodia e di risate, eppure funzionano ancora. Pensiamo al trailer comico, che spesso usa un suono di puntina che graffia un vinile per segnare il passaggio dal mondo normale a quello del delirio: gli spettatori di oggi non sanno nemmeno più cosa sia quel suono, eppure funziona.

Il trailer è un genere a sé stante, è un prodotto di marketing che però mette in atto un meccanismo di metamarketing: il trailer è al tempo stesso pubblicità e campione gratuito della merce pubblicizzata. Mostro di Frankenstein visivo, il trailer è spesso un montaggio di scene che poi magari non rientreranno nel film, di musiche prese a loro volta da altri film per dare il giusto mood (è il caso del tema di Edward Scissorhands nel trailer di A series of unfortunate events).

L’origine del trailer si perde nelle nebbie del cinema muto, quando a volte semplici intertitoli testuali venivano utilizzati in coda a una pellicola per pubblicizzare il programma seguente (“to trail” nel senso appunto di “seguire”, da cui la traduzione italiana “prossimamente”). L’evoluzione del mezzo è stata enorme nei decenni (guardate il trailer di Casablanca e ve ne accorgerete), ma il senso è sempre quello. Incuriosire, esaltare, smuovere gli animi e motivare alla spesa.

Anche i trailer hanno una sceneggiatura che – si potrebbe dire – è ancora più “di ferro” di quella del film corrispondente. Qui si può studiare il caso di Cloverfield, un film che se non altro ha il merito di aver sviluppato a fondo la pratica di un marketing multicanale e pervasivo. 12 pagine per un minuto e 52 secondi di filmato. Più approfondito di così… Notare come la struttura della sceneggiatura di un trailer sia molto diversa da quella di un film, mentre il meccanismo di narrazione ripropone in sintesi tutto il film fino all’ingresso nel “mondo fantastico” di J..J. Abrams (la testa della statua della libertà che atterra in strada). L’uso dei frame neri fornisce il necessario senso di angoscia e – immancabile – l’inquadratura finale di ogni trailer che si rispetti dà la chiave di lettura (ironica): “Tonight’s gonna be the best night ever”.

» Cloverfield trailer – La sceneggiatura
» Cloverfield trailer – Il video

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