VITA GORDIANA

VITA GORDIANAQuelle volte che vuoi slacciarti le scarpe, tiri un capo del laccio e si blocca tutto, senza scampo. Perché tu sei uno che le scarpe le allacci una volta e poi tendenzialmente non le slacci più – le metti al piede, infili un dito dietro al tallone e cerchi di far scivolare la scarpa sul calzino o peggio ancora sulla pelle nuda. Per fare più veloce, o semplicemente per pigrizia. In alternativa, compri solo scarpe col velcro, mocassini, sabot, sandali.
Ciabatte, in pratica.

Ecco, quelle volte, quando resti fermo a fiato sospeso con una gamba accavallata sull’altra e maledici l’idea di esserti tagliato la sera prima le unghie che ti sarebbero servite per questo lavoro di precisione, sono per me una metafora perfetta della vita. Quelle volte costituiscono un momento di illuminazione interiore – uno di quei momenti in cui capisci che anche la cosa più banale risuona nelle sette sfere celesti.

Millimetro per millimetro provi a tirare un capo del laccio (inutile, troppo scontato, non si fa che peggiorare la situazione) oppure ad affrontare con fatica quel cappio, quella parte di nodo, quel risvolto difficile. Il nodo è compatto, polveroso, ostinato. Ha preso sole, pioggia, fango: non l’hai disturbato per mesi, perché adesso, perché tutta questa fretta? L’urgenza potrebbe portare a un risultato indesiderato. Il laccio si potrebbe strappare, e la scarpa sarebbe destinata a rimanere monca, fino all’acquisto di un nuovo paio di lacci che non saranno mai – MAI – uguali agli originali; non avranno mai quel modo di scivolare armoniosamente tra i passanti, quel colore perfettamente mimetico rispetto alla tomaia. Invece no. Ci vuole pazienza. Allenti poco a poco la stretta, sfili un laccetto e poi ricominci, bestemmiando mentalmente ogni divinità possibile. Alla fine, l’effetto valanga. Ecco, hai sbloccato una parte del groviglio e improvvisamente tutto si scioglie, i due lacci si separano.

A quel punto nulla vieta di ricomporre il nodo in modo più ordinato, stringendo i lacci in tutti i passanti della scarpa, partendo da quelli più vicino alla punta e proseguendo con metodo fino ai due passanti più verso il collo del piede. Oppure, perché no, puoi decidere di portare la scarpa slacciata, il continuo rischio inciampo ripagato dalla sensazione di libertà assoluta che nemmeno i piedi scalzi possono dare (vedi: ho una scarpa, ma non la allaccerò, perché sono dentro e sono fuori al tempo stesso).

Le mie scarpe, la mia vita. Quello che io voglio, in definitiva, è una vita lineare, senza grovigli. Una vita dove i nodi siano ordinati e facilmente scioglibili tirando semplicemente il capo di un laccio.
Ma per l’appunto sono pigro; e quando lasci i nodi a sedimentare per un’intera stagione, va a finire che non li sciogli più.