UN TRANQUILLO WEEKEND DI PAURA (A.K.A. “OGGI LE COLICHE”)

Sì, era il nostro anniversario di matrimonio. Il 21, sì. Cinque anni. Grazie degli auguri. Ma sì, siamo andati a Nizza, sai, per andare da qualche parte né troppo lontano né troppo vicino. Un po’ di relax, un po’ di mare, un po’ di shopping. L’ultimo sole. Una bella dormita, una di quelle colazioni che spaccano degli hotel francesi. E poi una bella pisciata (scusa il francesismo, ma te lo devo proprio dire) che mi lascia quasi, come dire, un piccolo fastidio lì. Ma sì, LI’, dai che hai capito! Una passeggiata a Nizza lascia molte opportunità: per me, soprattutto la FNAC, il Virgin Megastore e Habitat. Ma mentre camminiamo sento un lieve fastidio alla parte destra della schiena. Stefi, lo sai com’è fatta, mi dice di non fare la lagna che se non fosse per lei avrei passato la giornata disteso (e non sapeva quanto aveva ragione). Io persisto nella passeggiata, ma il dolorino comincia a trasmettersi anche davanti. Tempo altri dieci minuti e comincio a sudare freddo e ad ansimare. Il mio primo irrazionale pensiero: devo piantarla di tagliarmi le unghie affacciato alla finestra. Perché – è evidente – qualcuno le ha raccolte e ha confezionato una bambolina vudù con qualcosa di mio dentro e ora sta piantando uno spillone nel fianco del feticcio. Raggiungiamo una panchina in un parco sulla Promenade des Anglais, dove mi accascio gemendo senza alcun ritegno. Stefi, lo sai com’è fatta, ha già capito tutto: è una colica renale. "Ma perchéééérrrghhhrr" faccio in tempo a dire, mentre lo spillone si trasforma in uno spadone cimmero rovente che si rigira nel mio fianco. La gente mi guarda e io riesco solo a dire "Raaarghr", la gola secca, i capelli tutti appiccicati alla faccia e un’incredibile voglia di vomitare. Stefi chiama il taxi. Il taxista sembra molto impressionato. Dopo qualche minuto ci scarica al St. Roch, l’ospedale di Nizza che sarà l’unica cosa che vedremo della città oltre alla stanza dell’hotel. La giornata si svolgerà tutta lì, su una barella che accoglie il mio corpo ormai spogliato di jeans e maglietta e imbozzolato in uno di quei camiciotti demenziali che ti lasciano il culo scoperto. Stefi, lo sai com’è fatta, voleva entrare anche lei ma non l’hanno lasciata. Io, lì dentro, con la flebo di morfina e tutti che mi parlavano tanto gentilmente in francese. Così io, tra un conato di vomito e l’altro, dovevo rispondere in francese. Esami del sangue, delle urine, radiografie, ecografie. Non c’è dubbio è "solo un calcolo urinario". E sì, fa molto male, è il dolore più lancinante che si conosca ma stia tranquillo poi passa. Peraltro il calcolo non si vede, quindi sarà nell’uretere… Due coliche più in là (e ad effetto della droga ormai scemato) ci ritroviamo, io e la Stefi, nella stanzetta dell’hotel a tentare di guardare qualche puntata di Heroes, tra un medicinale e l’altro. Sì, mi hanno imbottito di pasticche da prendere. Adesso non faccio che dormire, bere e pisciare. Intanto mi ripasso mentalmente l’accaduto per riportarlo (traduzioni dal francese incluse) alla nazi-dottoressa della mutua. Sai, lei è reperibile solo previa appuntamento telefonico. Mi riceverà alle 18.40. Ci ho messo tutta la mattina per chiamarla. O non rispondeva nessuno, o c’era una musichetta di attesa tipo la Carmen di Bizet suonata da Burt Bacharach in acido. Devo decisamente cambiare dottoressa.

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4 risposte a “UN TRANQUILLO WEEKEND DI PAURA (A.K.A. “OGGI LE COLICHE”)”

  1. Non si preoccupi il dolore passerà! Ma è possibile che nell’esame “Trattamento del paziente” insegnano solo a ripetere a pappagallo questa frase… e intanto si muore di dolore! I’m sorry for all story! Una pacca sulla spalla… e vedrai che presto passerà! 😉 Un abbraccio!

  2. Leggendo il tuo post ho sudato freddo insieme a te… mio dio che male! Coraggio…

    Mr Focaccina

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