STAIRWAY TO HEAVEN

Visto il titolo del post, immagino che pensiate di cliccare per leggere una godibile esegesi dello storico pezzone dei Led Zeppelin. Nulla di più sbagliato. Il titolo è ironico e si riferisce allo scalone del palazzo dove lavoro. Ora forse vi aspettate di leggere un post fantozziano sulle mie disavventure di impiegato pubblico alle prese con la cura Brunetta.
Fuori strada anche stavolta.
Vi volevo proprio parlare della scala, dei gradini. Anche del corrimano.

Non è frequentissimo, ma almeno una volta al mese mi capita la fatidica chiamata dagli uscieri qui accanto che infilano la testa nell’ufficio e mi dicono “C’è un tizio qui fuori che parla solo inglese“. Per forza. È di origine anglosassone. Difficilmente imparano l’italiano. Allora io esco e mi prendo cura del malcapitato utente. Stamattina non avevo nemmeno fatto colazione che capita il tizio “solo inglese”. Una famiglia intera a dire il vero. E come sempre, vogliono solo una cosa. “May we see the staircase?“.

Ma certo. Io e lo scalone siamo così (non mi vedete ma sto unendo ritmicamente i due indici delle mie mani, nel gesto universale che esprime vicinanza). Anche perché non mi risulta una frase idiomatica tipo “ass & shirt” in inglese, e magari gli utenti la troverebbero offensiva. Insomma, questi turisti dell’architettura moderna vengono fin qui solo per vedere il famoso scalone di Carlo Mollino, l’architetto più cool e underground del secolo scorso. Ed essendo l’unico che parla inglese, sono l’addetto al tour dello scalone.

Il tour in lingua prevede l’affaccio sul vertiginoso scalone (unica parte in cemento della costruzione altrimenti nota come “Palazzo Affari”). Pausa foto. La salita al piano del parcheggio riservato da cui si evidenzia il fatto che il palazzo in sé è “appeso” alla struttura dello scalone centrale come fosse una zanzariera che pende dai rami di un ombrello (non saprei come altro spiegarlo). Pausa foto. La salita fino al quarto piano – il sottotetto – in cui sono evidenti i “rami” di cemento che partono dalla cima dello scalone e reggono la struttura del palazzo. Pausa foto. La discesa al terzo piano dove ammirare il panorama e la struttura delle vetrate. Pausa foto. Infine, si pone l’accento sul fatto che le separazioni degli uffici sono una novità recente, poiché Mollino aveva progettato l’edificio come se ogni piano fosse un enorme open space a forma di ciambella col buco (il buco è lo scalone, ça va sans dire).

In genere alla fine del tour suggerisco altri edifici di Mollino da vedere a Torino e dintorni (la sua casa-museo in via Napione, l’Auditorium RAI e il Teatro Regio, l’Aeroclub a Collegno, la “Casa del sole” a Cervinia e la stazione “Slittovia del Lago nero” a Sauze d’Oulx). La chicca finale è mandarli dal mio parrucchiere, poco lontano da qua, il cui salone ha gli arredamenti e i pezzi di design originali di Mollino (quegli ambienti un po’ art nouveau e un po’ futuristi che sembra sempre che debba spuntare da un momento all’altro una modella vestita da Paco Rabanne). Non so se il mio parrucchiere abbia mai gradito questa forma di turismo, però.

Mollino è un personaggio strano.
L’anno scorso è stata pubblicata una sua interessante biografia.
Oltre che architetto e designer era anche aviatore, corridore, fotografo ed erotomane.
Quando volete saperne di più sullo scalone del Mollino, venite pure da me.
Ma solo se parlate inglese.

3 risposte a “STAIRWAY TO HEAVEN”

  1. Mi prenoto per una visita allo scalone. Prometto di parlare solo inglese!

  2. …citiamo allora anche il mollino fotografo, scenografo teatrale e di cinema, automobilista sfegatato tanto da partecipare a diverse gare ed anche il suo interesse all’occultismo, molto legato a Torino.

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