GRAVITY FALLS, E L’ESTATE FINISCE

Tutte le cose hanno questa disgraziata tendenza a finire, prima o poi.
L’estate, l’infanzia, le belle serie televisive.

A questo proposito, non posso fare a meno di parlarvi di Gravity Falls, una serie animata di quelle che ti fanno pensare (e a volte anche esclamare a voce alta) “ma com’è possibile che non l’abbia mai guardata prima?!?”. Quindi sedetevi, rilassatevi qualche minuto, e leggete perché questo è il momento giusto per spararvi tutti gli episodi di Gravity Falls in un colpo solo.

Cominciamo subito con un po’ di sano namedropping. Alex Hirsch, il creatore della serie, è ovviamente ossessionato da David Lynch. Questo per dire che i fan di Twin Peaks (più la serie originale che non il seguito del 2017) non potranno non amare Gravity Falls. Negli episodi della serie, però, traspare molto di più: un distillato di mistero, avventura e horror tipici della cultura pop a cavallo tra i ’70 e gli anni zero. Tutti i luoghi comuni del fantastico, dell’horror e dell’avventura vengono frullati e restituiti con un sapore agrodolce, mai scontato: da Carpenter a Raimi, da Craven a Spielberg e Shyamalan fino addirittura a Cronenberg, l’appassionato può trovare spunti e rimandi.

Gravity Falls è una cittadina dell’Oregon in cui i gemelli Dipper e Mabel Pines passano l’estate dal prozio Stan, proprietario di un’improbabile attrazione locale stile Ripley’s Believe It Or Not Museum dal programmatico nome di Mystery Shack. Siamo proiettati fin dalla sigla in un’atmosfera di mistero a metà fra il dark e il demenziale (siamo pur sempre in una serie Disney) in cui vediamo i personaggi principali in azione: Dipper, il gemello precisino e ansioso di risolvere qualche “vero mistero”; Mabel, la sorella caotica ma di gran cuore; Stan, presentato subito come un maestro della truffa. E poi ci sono i personaggi di contorno, mai banali, a partire dal tuttofare del Mystery Shack, il mai cresciuto Soos, e da Wendy, la cassiera adolescente oggetto delle attenzioni e dei sogni puberali di Dipper.

Tutto ruota intorno a due piani narrativi: da un lato la routine della vita di provincia in compagnia di una “famiglia” più bizzarra che disfunzionale, tra la gestione del Mystery Shack, le prime cotte preadolescenziali, il rapporto con gli altri ragazzi del luogo come Pacifica Northwest (la nemesi di Mabel, la ragazza più popolare della città), Grenda e Candy (le amiche nerd di Mabel), Robbie (il rivale emo di Dipper) e soprattutto Gideon Gleeful (il villain della prima stagione, nonché pretendente al cuore di Mabel). Dall’altro il “vero” mistero di Gravity Falls, sorta di centro di attrazione di tutte le stranezze possibili (mostri, non-morti, gnomi, fantasmi, creature fantastiche di ogni sorta) accuratamente catalogate in tre diari vergati in uno stile a metà tra il Necronomicon di Evil Dead e il Codex Seraphinianus, di cui uno in possesso di Dipper (gli altri due… dovete vedere la serie per scoprirlo). Con l’aiuto del diario e dei suoi amici — e in spregio allo scetticismo del prozio Stan — Dipper riesce (quasi) sempre a risolvere misteri e a scongiurare catastrofi cosmiche.

Detta così, potrebbe sembrare una variante un po’ più raffinata sul tema di Scooby Doo. Nulla di più lontano. La serie ha una continuity molto stretta, e l’evoluzione dei personaggi, anche di quelli secondari, è molto ben delineata. Nel pre-finale della seconda stagione, nell’episodio Dipper & Mabel vs. the Future, i due gemelli si trovano a dover passare la famosa linea d’ombra, per loro rappresentata dal tredicesimo compleanno. Non troverete facilmente nelle serie animate rivolte a un pubblico di ragazzini una descrizione così incisiva del passaggio all’età adulta e della realizzazione che tutte le cose finiscono. Ma non sono solo i protagonisti ad avere sorprendenti evoluzioni (una su tutte la rivelazione della backstory del prozio Stan, nell’episodio cruciale A Tale of Two Stans): ogni singolo personaggio di contorno è ben delineato e ha un suo arco specifico, concluso in modo soddisfacente nel corso della seconda stagione (non vi ho detto che sono solo due stagioni? Questo favorisce il binge watching, no?).

Un esempio di come Alex Hirsch gioca con lo spettatore più attento è il personaggio di Blendin Blandin, il viaggiatore del tempo. Blendin appare nel nono episodio della prima stagione, The Time Travelers’ Pig. Al di là del gustoso riferimento nel titolo al romanzo culto di Audrey Niffenegger, e del fatto che in questo episodio appare per la prima volta anche l’adorabile maialino Waddles, è la struttura stessa del racconto a far drizzare le antenne. Blendin viaggia nel tempo andando a visitare scene e situazioni di precedenti episodi della serie. Fino qui tutto bene, è un gioco “meta” abbastanza godibile. Ma se andate a rivedere gli episodi specifici in cui si svolgevano quelle scene e quelle situazioni (nella fattispecie Tourist Trapped, The Legend of the Gobblewonker, e Headhunters) potrete vedere Blendin Blandin apparire in qualche inquadratura… e ancora non sapevate chi fosse! Questa è la cura che Hirsch mette nella scrittura degli episodi.

Questo, e ovviamente i crittogrammi. Probabilmente è una cosa da veri nerd/enigmisti, e altrettanto probabilmente un pubblico di preadolescenti non ci fa nemmeno caso. Ma al termine di ogni episodio Hirsch inserisce frasi in codice (crittogrammi in chiave tipo cifrario di Cesare, Atbash o Vigenère) che — una volta risolti — rivelano semplici battute o più spesso dettagli importanti per capire cosa sta per succedere negli episodi successivi. Nemmeno a dirlo, i crittogrammi diventano di episodio in episodio più difficili, e la chiave va trovata in qualche parola o immagine buttata lì ad arte all’interno della puntata (esiste comunque un Wiki che li risolve tutti, per i più pigri come me).

Sempre a Hirsch va dato il merito di aver immaginato — e doppiato magistralmente — il villain più inquietante di tutti, Bill Cipher. Rappresentato come un triangolo con un’occhio, decisamente “altro” come character design rispetto al resto dei personaggi, Cipher (in inglese, guarda un po’, “cifrario”) è per Dipper e Mabel quello che il Joker è per Batman: una nemesi folle, con un senso dell’umorismo molto particolare e che può risultare buffa o agghiacciante a seconda dei momenti. È lui che, nei tre episodi finali della serie, scatena il cosiddetto Weirdmageddon (non dico altro per non spoilerare) che la famiglia Pines al completo, con l’aiuto degli abitanti di Gravity Falls, dovrà contrastare.

Quindi: avete una grossa fortuna, quella di non dover aspettare più di un anno tra il cliffhanger del finale della prima stagione e la seconda (più dark e apocalittica) e di poter godere anche di una manciata di “corti” intermedi come quelli delle miniserie Dipper’s Guide to the Unexplained, Mabel’s Guide to Life o Fixin’ It with Soos (un tripudio di finti effetti digitali anni ‘90).

Cosa state aspettando? KLK MBOABQBSBIL!