FISSARE I PENSIERI AL MURO

Tra poco ricomincia la giostra e io non posso fermarla.

Morire durante le feste è una roba orribile, ma in effetti lascia a chi resta il tempo di stare in una sorta di bolla sospesa in cui ci stanno le onoranze funebri, i funerali, i rosari, le tumulazioni e tutte cose.

Ti lascia anche il tempo di affollarti la testa di pensieri confusi che rimbalzano nella testa e si mischiano. Per esempio, io mi sveglio e penso che ci sono un tot di robe da fare, che c’è la pratica dell’UVG per pagare meno la RSA, che c’è il problema del neuropsichiatra, che ci sono mille cazzi continui, e poi mi ricordo che no, che adesso sei morta, così, de botto, senza un perché.

E quindi sì, ci sono dei problemi da risolvere ma sono tutti altri problemi: la casa vuota, le utenze domestiche da sospendere, cosa vendere, cosa tenere. Problemi pratici, come la lapide che è ancora da mettere sulla tua celletta che poi cazzo non ti sbagliare a chiamarla loculo che parte un fraintendimento burocratico che lèvati.

E quindi questo 2023 comincia così: quella sensazione che potrei venirti a trovare incastrando i soliti tremila impegni settimanali ma poi no, non c’è più nessuno da andare a trovare. E comunque ogni volta che venivo a trovarti era sempre tutto una merda, volevi morire e infatti alla fine sei stata accontentata.

Però tutte le volte che passo davanti ai banchi del mercato dove vendono le famose maglie che ti piacevano penso “Peccato, non potremo più comprarti una maglia”. L’ultima che ti abbiamo regalato te l’ho fatta mettere nella cassa, un po’ come le sepolture egizie, fai il tuo viaggio con gli oggetti che ti piacciono. Volevo metterti le boccette di profumo nell’urna delle ceneri poi non ci stavano, ho optato per il tuo orologio. E a proposito di profumi, in farmacia hanno ricominciato a vendere quelle boccette a 5 euro di cui facevi collezione, ma non te le prenderò più.

La cosa strana è sentire che non sono più “figlio”. Sono “marito”, “padre”, “amico”, ma il ruolo di figlio non lo devo più interpretare. Che poi diciamocelo, negli ultimi 15 anni (soprattutto negli ultimi 5) è stato un ruolo bello scomodo, quindi da questo punto di vista per me è anche un sollievo. Ma sai che c’è. La persona muore, ma la relazione no, quindi posso essere titolato a sentirmi comunque anche figlio.

Purtroppo l’amore tra genitori e figli è costituzionalmente destinato a finire male. Prima i figli se ne vanno e poi i genitori muoiono. Pare sia l’ordine naturale delle cose.

Io mi butto nelle cose pratiche, perché sono fatto così. Anche perché le cose pratiche mi romperanno il cazzo per minimo un anno. Vorrei per esempio regalare il tuo pianoforte all’RSA che ti ha ospitato negli ultimi mesi. Tu non lo suonavi da più di 20 anni, ma lì magari può ancora rallegrare qualcuno.

Stavolta non è come quando è morto papà, lì c’era molto più sclero. Stavolta ci sono solo io, mi hai fatto lo scherzone ma io me lo aspettavo. Diciamo che era un anno che mi preparavo a questo momento e che lo vivevo un pochettino dentro di me. E quando è arrivato non è che ha fatto meno male, ma avevo più strumenti.

Mi spiace per le cose che potevamo ancora fare insieme e non faremo più, ma mi rendo conto che forse tu non avevi più voglia di fare niente.
E va bene così.