E LA CHIAMANO ESTATE

E LA CHIAMANO ESTATEDi tanto in tanto, date le magre finanze, faccio un giro in fumetteria per acquistare qualcosa che mi colpisca positivamente. Leggo poche recensioni e non frequento i grandi festival del fumetto, ma sono più che appassionato dell’arte sequenziale. Perciò, se mi prendo la briga di scrivere di un fumetto, è perché mi ha veramente lasciato qualcosa.

E la chiamano estate (ruffianeggiante traduzione italiana del titolo originale This One Summer – qui il “book trailer” animato) è uno di questi casi. Divorato in un paio d’ore di tranquillità, va lasciato riposare per rileggerlo con più calma, apprezzando meglio alcune sfumature alla luce delle rivelazioni finali.

Intendiamoci subito, non è uno di quei graphic novel dove succede di tutto e dove ci sono mille cose da spoilerare. Jillian e Mariko Tamaki (due cugine canadesi) hanno sviluppato in 320 pagine di tavole in “bianco e blu” una piccola epica dell’adolescenza femminile, in cui la vita di due amiche in una località di villeggiatura procede in modo indolente tra una bibita e una chiacchiera, tra un gioco sulla spiaggia e una passeggiata serale, nell’ansia (ma non troppa) di diventare grandi noleggiando film horror da guardare sotto le coperte o spiando i ragazzi e le ragazze più grandi mentre parlano di sesso.

Quando ho preso in mano il volume di Bao Publishing (18 euro), per prima cosa l’ho sfogliato velocemente. “Bianco e blu” (in realtà quasi più violetto) mi ha fatto pensare a qualcosa di struggente, un ricordo indefinito. Poi ho visto i blurb sul retro con raccomandazioni di Craig Thompson, Daniel Handler e Vera Brosgol – hanno funzionato. Data l’origine canadese, poi, pensavo si potesse trattare di qualcosa di simile a Brian Lee O’Malley: diciamo subito di no, non c’entra nulla con Scott Pilgrim Vs. The World, per quanto Alla deriva avesse una simile tematica adolescenziale.

E niente, alla fine oggi l’ho letto e mi sono emozionato, e ho capito il perché dell’Eisner Award come miglior graphic novel lo scorso anno, o se è per quello il Gran Guinigi alla miglior sceneggiatura 2014 (oltre a vari altri premi). Le Tamaki hanno saputo creare un mondo dove tutti i personaggi, anche quelli più defilati, hanno qualcosa da dirci. Il mondo è visto da Rose e Windy, le due amiche protagoniste della storia (il flusso di coscienza è prevalentemente di Rose, ma è Windy la controparte più vitale e credibile): due adolescenti non possono capire che a modo loro (arrabbiato, confuso) i problemi degli adulti. Ma questi problemi emergono (è proprio il caso di dirlo) molto lentamente e molto chiaramente via via che la storia si dipana.

E la chiamano estate offre quindi un immediato processo di identificazione per uomini, donne, adolescenti, adulti. Personalmente, ho cominciato ad emozionarmi per la rappresentazione di un’adolescenza che è stata anche mia, per arrivare invece a risuonare con i personaggi adulti – i genitori – e i loro problemi, come è inevitabile che succeda dato che lo sono da poco anche io (genitore).

Nulla è didascalico, in questo graphic novel – nulla è inutile o fuori luogo. Una perfetta e normalissima rappresentazione di quella linea d’ombra che sta tra il bambino e l’adulto e che non smette mai di generare storie dentro di noi.
Insomma, un ottimo acquisto. Leggetelo.