SPIELBERG E LA MORTE DEL CINEMA

Parliamo di Spielberg. Potete tentare anche voi questo curioso esperimento: vedere Duel e War of the Worlds uno di seguito all’altro nella stessa giornata. Spielberg è un ottimo professionista, secondo me questo non si discute. Però bene o male lui e Lucas sono anche i responsabili della deriva del cinema americano dal 1976/77 (Lo squalo + Guerre Stellari) in poi. Mi spiego meglio: i due amichetti di spiaggia californiana – oggi tra gli uomini più ricchi e pagati del mondo – hanno fatto capire a Hollywood che una major poteva guadagnare una valanga di dollari realizzando film "di serie b" con grande dispendio di mezzi e di budget. Siamo tutti d’accordo che film come quelli citati, fino all’inizio degli anni ’70 sarebbero stati un puro prodotto da drive-in, contrapposti ai più seri film drammatici o alle commedie più o meno oscarizzate. Il film di genere fatto coi soldi guadagna molto, ed è tuttora l’unico investimento che le major si sentono di fare. Non voglio dire che questo tipo di cinema sia da buttare a prescindere, perché molti film di genere hanno più livelli di lettura. Ma indubbiamente questa infantilizzazione del pubblico pagante porta ad un inevitabile abbassamento del gusto, per cui un film è valido solo se "supera" in tamarraggine quello uscito appena pochi mesi prima. Tutto questo cappellone, infine, per dire che tra Duel e War of the Worlds c’è ben poca differenza. Nel 1971 Spielberg aveva pochi soldi, nel 2005 ha un budget altissimo. Questa è l’unica diverità sostanziale. I soldi permettono a Spielberg gli effetti visivi e sonori allo stato dell’arte (e chi vede il film in DVD con un buon impianto capirà a cosa mi riferisco). I soldi gli permettono di avere due collaboratori geniali come Janusz Kaminski (direttore della fotografia preziosissimo, capace di dare un look al film che vale mille volte più della presenza di Tom Cruise) e Michael Kahn (che monta in modo magistrale). I soldi gli permettono di far scoppiare gran parte degli Stati Uniti orientali, per la gioia di grandi e piccini. Ma per il resto, la storia del commesso viaggiatore inseguito dal camion e del gruista inseguito dai tripodi sono la stessa cosa. Spielberg non fa che mettere l’uomo ordinario in circostanze eccezionali, facendo sua la lezione di Hitchcock, e lo fa (quasi) sempre da gran professionista. Sa come costruire la suspence, sa quali leve tirare. Purtroppo il problema, a volte, è che noi sappiamo che lui sa. E che lui sa che noi sappiamo che lui sa. E avanti così… all’infinito.

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MASTERS OF HORROR, IL GORE CONTINUA!

Tornano alla carica i Masters of Horror! Meno code, più relax. Stanotte era la notte di Hooper, Landis, Coscarelli. Diciamo che il festival diventa l’occasione pressoché unica di vedere il maestro Tobe Hooper all’opera. L’anno scorso fu la volta del pesissimo The Toolbox Murders. Quest’anno il mai dimenticato autore di Non aprite quella porta e Poltergeist conferma la sua svolta sempre più dark e malata, con "Dance of the Dead", un mini-capolavoro basato su uno dei migliori racconti di Matheson, musicato da Billy Corgan e interpretato tra gli altri da un deviatissimo Robert Englund. Che dire.  Dopo la terza guerra mondiale i morti possono essere fatti rivivere tramite iniezioni di plasma e vengono usati come attrazioni nei locali: stimolati con scosse di corrente danzano scomposti su note grind metal in scenari degni di un clip di Marilyn Manson. Hooper risulta il più sperimentale del gruppo, con riprese, fotografia e montaggio volti a creare disorientamento ed ansia nello spettatore. John Landis si becca anche lui i suoi bravi applausi con "Deer Woman", una storia sulla falsariga del suo celebre Lupo Mannaro… che viene anche citato nel film! La donna cervo è una predatrice che uccide i suoi amanti… calpestandoli a morte! Paura e delirio, ma soprattutto grandi risate, come è tipico del grande John. Non si prende troppo sul serio, non ci è abituato. Ma alcune inquadrature rendono comunque il brivido delle leggende native americane (vedi anche Wendigo di Fessenden, visto un paio d’anni fa sempre al TFF). Don Coscarelli stupisce con l’adattamento di una delle migliori storie brevi di Joe R. Lansdale (anzi, secondo me la migliore in assoluto): "Incident on and off a mountain road". Una donna separata dal marito fanatico di armi e corsi di sopravvivenza incappa nel maniaco dei boschi (la figura dell’uomo nero qui è tratteggiata magistralmente: Coscarelli ed Argento propongono i due "mostri" migliori della serie). Ma la ragazza è determinata, e la classica situazione horror con la damigella in pericolo si ribalta ai danni del maniaco e, perché no, anche dell’ex marito… Stupri, crocifissioni e trapanamento di globi oculari fanno il resto. D’altronde Lansdale è così, prendere o lasciare, e Coscarelli ribalta la prospettiva che lo vede come il solito cazzone pop che dirige la solita serie dei Phantasm o quella nuova di zecca di Bubba Ho Tep e Bubba Nosferatu (preparatevi, sta per arrivare anche questo). Insomma grandissima soddisfazione in sala, e speriamo che escano presto i DVD – quasi tutti da collezionare!

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QUEI PAZZI ADORABILI DI RARO VIDEO

All’arrembaggio! Alcuni titoli Raro Video sono in vendita nei negozi alla folle cifra di 10 euro! Io mi sono subito procurato Blood for Dracula (Dracula cerca sangue di vergine… e morì di sete) di Paul Morrissey e Que he hecho yo para merecer esto? (Che ho fatto io per meritare questo?) di Pedro Almodòvar. Premetto che Raro Video, insieme a RHV, BiM e Mondo HE, secondo me è uno dei migliori produttori di DVD che abbiamo in questo triste paese. Non sarà la Criterion, ma fa il suo lavoro in modo egregio. Il film di Morrissey (targato Andy Warhol e girato nemmeno troppo nascostamente a quattro mani con il nostro Antonio Margheriti) è veramente uno stracult da urlo. Lento da far paura (come tutti i film di Warhol) ma con in più un’attitudine trash e (involontariamente?) comica. Il grande Udo Kier fa un Dracula malaticcio e glam rock: finalmente ho capito da chi ha copiato il suo look Brian Molko! Sopporta più o meno la luce e i crocifissi, viaggia con la bara sul portapacchi e ha un cappottino peloso degno di Madaski. Il sangue di vergine ovviamente non lo trova dato che nel film ci sono le stelline Stefania Casini e Silvia Dioniso che trombano come ricci con il superfusto Joe Dallessandro. C’è anche Vittorio De Sica alla sua ultima interpretazione (delirante il suo inglese) e Milena Vukotic nel ruolo della vampira (sono senza parole). Insomma, da non perdere!!! L’Almodòvar d’annata, invece, non lo vedevo dai tempi del liceo. Che ho fatto io… non perde la sua carica dirompente nemmeno visto adesso. Carmen Maura è eccezionale, nel ruolo della casalinga abbruttita con un figlio tossico e spacciatore, l’altro gay che si vende ai pedofili, la vicina puttana, la suocera diabetica, il marito manesco, il ramarro viscido. Tutto lascia intendere che il simpatico regista spagnolo fosse decisamente fuori di testa. Insomma, siamo prima della svolta mélo di Matador o della commedia sofisticata di Donne sull’orlo di una crisi di nervi. Qui c’è l’Almodòvar de panza, fatto di travestitismo selvaggio , volgarità assortite e colori improbabili. L’amore per Douglas Sirk si vede comunque nel prefinale in cui Carmen Maura torna a casa da sola, una carrellata all’indietro intensissima. Quasi quasi si butta dal balcone, ma il figlio gay torna a casa (viveva con l’amante dentista e pedofilo): "ci vuole un uomo in casa", dice, dopo che la madre ha seccato il padre colpendolo in testa con un osso di prosciutto. Impreziosisce il tutto un’intervista a Vladimir Luxuria negli speciali. Librettini di pregio inclusi nei DVD. A voi studio.

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