SERIALITA’ INDISPENSABILE

Non voglio arrivare agli estremi di Suz, che dice che non va al cinema perché il cinema non ha più nulla di creativo da offrire. Sicuramente è però vero che molte serie TV offrono il meglio (narratologicamente parlando) della fiction audiovisiva odierna. Al cinema ormai si va per vedere esperimenti autoriali (Lynch, Almodovar, Von Trier), storie alla periferia dell’impero (cinesi, iraniane, coreane ma anche soltanto francesi), o quei fantasy-comic-action che solo le grandi major hanno i soldi per fare e sfruttano fino all’osso riproponendo una serialità che fino a un decennio fa era quasi totale appannaggio del mezzo televisivo (o del cinema horror, ma questa è un’altra storia). Tutto il resto, ma spesso anche quanto citato, lo si può anche noleggiare in DVD. E quando le novità in DVD scarseggiano, arriva il momento delle serie TV. Orfani (ma ancora per poco) della terza serie di Lost, qui da noi stiamo portandoci in pari con la seconda serie di Desperate Housewives, scaricata da più di un anno e mai guardata prima. A un certo punto scatta l’orgoglio nerd: se lo stanno dando su Rai Due vuol dire che sono veramente indietro! E allora vai di cinque puntate a botta per raggiungere la programmazione televisiva (che tanto non seguirò mai perché dalla prima stagione sono troppo abituato ad ascoltare le voci originali delle disperate). C’è la commedia sofisticata, la slapstick, il thriller, il mèlo… In qualche caso si scade nella soap, ma che importa! Non si è mai visto un tale mash-up di generi funzionare in modo quasi perfetto. Anche se la seconda serie sembra essere un po’ al di sotto della prima. Anche se tra un paio di settimane ricomincia Lost. Anche se c’è Prison Break che incombe sull’hard disk, e Scrubs da vedere e rivedere in TV e sul PC. D’altra parte tutto ciò potrebbe mettere in secondo piano il cinema… Beh, sì, il rischio c’è. Ma basta l’uscita di The Science of Sleep di Gondry e qualsiasi serie TV viene spazzata via dal genio puro. E gli occhi volano alti.

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SE FRANK CAPRA LAVORASSE ALLA PIXAR…

Recentemente ho avuto modo di vedere Cars, l’ultimo successo Disney/Pixar in DVD. In realtà l’ho visto già da qualche giorno, ma l’impressione è sedimentata dentro di me fino a sbocciare in un pensiero ardito stanotte. Al di là della solita maestria tecnica (anche se – devo dire – le macchine come personaggi mi lasciano totalmente indifferente) e delle gag sempre divertenti tipo quella del carburante biologico del camioncino Volkswagen hippy, mi chiedevo: cosa c’è sempre nei film Pixar? Una bella storia. Infatti c’è una storia decisamente esemplare, con l’eroe sbruffone che, messo a contatto con una realtà provinciale impara ad amare la semplicità e diventa più maturo. Poi ho associato questo pensiero ad un altro pensiero, che ogni tanto mi ronza in testa: dov’è oggi il cinema classico, quello della grande Hollywood che fu? E alla fine la risposta è semplice. Sta nel cinema di animazione (se è fatto con la testa e col cuore). Infatti Cars non è altro che un film di Frank Capra con un po’ di pixel addosso. Se ci pensate nessuno farebbe un film in stile Capra oggi. Chi ci ha provato è rimasto scottato, sia che si trattasse di un remake (Adam Sandler) sia che si trattasse di una rilettura ironica (i Coen in tempi non sospetti). Ma se lo fai in un cartoon, allora va bene. E Cars trasuda buonismo e buonsenso americano da ogni inquadratura. Folgorato da questa idea, consiglio a tutti una bella immersione nel cinema di Capra prima, durante e dopo il Natale. Non mi riferisco a quel film estremamente sopravvalutato che tutti gli anni a Natale viene programmato a rotazione, ma ad altri veri capolavori che vi risulterà un po’ più difficile trovare ma che vi allargheranno il cuore senza intasarvi le arterie, come Accadde una notte, Orizzonte perduto e Arriva John Doe. Tre film classici diversi tra loro che hanno ancora la capacità di dirci qualcosa. Poi Capra si è perso nella propaganda bellica e quando ne è uscito ha prodotto La vita è meravigliosa: la sua ricetta è diventata subito ad alto tasso di colesterolo.

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ADESSO ANCHE IO HO LA MIA STORIA

Ho rivisto per la seconda volta The Weather Man. La prima volta è stato prima che mio padre morisse. Ma l’effetto è quasi lo stesso, come se non fosse cambiato nulla da tre mesi a questa parte. E invece è cambiato tutto. Ho notato ancora una volta quanto i film più universali, quelli che toccano tutti dentro almeno un po’ sono i film in cui il padre del protagonista muore. La morte del padre come topos narrativo. Se ci si pensa, è così. E’ la prova definitiva che volente o nolente ti proietta nell’età adulta. Quella dove di facile non c’è più nulla. Ed è per questo motivo che, tra tutte le cose che mi sono state dette negli ultimi mesi, la più bella di tutte, quella che tengo più cara al mio cuore è la frase "Adesso anche tu hai la tua storia". Tutti hanno una storia, prima o poi. Ora ne ho una anche io.

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