1983 – VIOLAZIONE DI DOMICILIO

1983. Da qui non si passa. Il caldo estivo brucia i capelli tagliati di fresco. I pomeriggi sono eterni. Qualcosa bisogna pur fare. Saliamo sul crinale per evitare la recinzione, L. davanti, io in mezzo e S. qualche passo dietro di noi. Una finestra piccola, poco più in là: è quello che ci serve. L. si fascia la mano con la maglietta sudata e rompe il vetro con un pugno. Cerco a tentoni la maniglia tra le schegge taglienti. Si apre solo verso l’interno. Mandiamo giù S. per primo: è il più piccolo, e anche il più leggero. Il salto sarà al massimo di due metri. Come fare per uscire, non ci viene nemmeno in mente. Esploriamo ogni stanza con attenzione, nella penombra delle mura spesse di secoli. Non prendiamo nulla: non siamo ladri, solo curiosi. Ci appiattiamo per passare nel cortile principale. Sappiamo benissimo che il custode non c’è, ma potrebbe comunque vederci qualcuno. Subito a destra, la torre: la porta di legno marcio è aperta. Non potevamo aspettarci di meglio. Salire quei gradini, il rischio, la consapevolezza. Arrivare in cima e dominare i tetti di Barge. Stendersi sulle lastre di ardesia ancora calde all’ultimo sole e bere un fondo di spuma bionda dalla borraccia. A ripensarci, potevamo finire in una casa correzionale. Ma chi possiede un castello è ricco per definizione. E un ricco può anche ripagarselo, un vetro rotto.

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